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L’AUTORITÀ BANCARIA EUROPEA (“EBA”) RENDE NOTE LE PROPRIE RACCOMANDAZIONI SULL’UTILIZZO DEI SERVIZI DI CLOUD OUTSOURCING DA PARTE DI ISTITUTI FINANZIARI

10/08/2017

Il documento di consultazione rientra nel progetto di definizione di un chiaro e prudente quadro regolatore in materia di outsourcing applicabile agli enti creditizi europei. In particolare, l’EBA si propone di adottare delle raccomandazioni che diano piena attuazione alle linee guida CEBS (“Committee of European Banking Supervisors”) sull’outsourcing del 14 dicembre 2006 (consultabili al seguente link https://www.eba.europa.eu/documents/10180/104404/GL02OutsourcingGuidelines.pdf.pdf).

 

Questi i principali contenuti delle Raccomandazioni EBA:

  • Sicurezza dei dati: gli istituti finanziari, prima di procedere al cloud outsourcing, sono chiamati a compiere una completa valutazione dei possibili rischi, a garanzia della tutela della riservatezza delle informazioni trattate;
  • Localizzazione e trattamento dati: gli istituti finanziari dovrebbero rendere edotte delle attività di outsourcing le autorità governative del Paese in cui il servizio deve essere svolto, proponendo – se opportuno – una revisione della legislazione in materia privacy. Particolare attenzione deve essere prestata laddove il servizio di outsourcing riguardi Paesi extracomunitari;
  • Audit: gli istituti finanziari dovrebbero introdurre sistemi che garantiscano il loro accesso – e quello delle singole autorità governative – nei locali in cui si svolge l’attività di cloud outsourcing, con possibilità di analizzare e verificare i sistemi e gli strumenti utilizzati per l’esercizio di tali attività;
  • Catene di fornitori: nelle ipotesi di subappalto delle attività di outsourcing, anche il soggetto subappaltatore è tenuto a rispettare le cautele e le raccomandazioni sopra descritte;
  • Strategie di uscita: gli istituti finanziari devono prevedere dei piani di emergenza e di uscita completi e ben strutturati e fare in modo che i fornitori di servizi di cloud outsourcing effettuino un ordinato trasferimento del servizio, così da assicurare la continuità del servizio.


L’AUTORITÀ ANTITRUST PRENDE POSIZIONE SULL’INFLUENCER MARKETING

26/07/2017

Con un comunicato stampa rilasciato lo scorso 24 luglio il Garante Antitrust ha informato di aver inviato alcune lettere di moral suasion ad alcuni operatori attivi nella sponsorizzazione di brand on line mediante la tecnica dell’influencer marketing, invitandoli a conformarsi alle prescrizioni del Codice del Consumo.

 

L’Autorità Antitrust dichiara di aver svolto alcune indagini in merito all’attività di sponsorizzazione di prodotti definita influencer marketing.

La pratica commerciale richiamata consiste nella pubblicazione da parte di personaggi di riferimento del mondo on line seguiti da numerosi follower (detti blogger o influencer) di immagini relative a prodotti riconducibili ad un determinato brand sui propri blog, vlog e social media (come Facebook, Instagram, Twitter, Youtube, Snapchat, MySpace, ecc…) senza che però venga manifestata la natura pubblicitaria della comunicazione, così che i follower vengono indotti a recepire quella che di fatto è una vera e propria forma di sponsorizzazione di un prodotto come un consiglio derivante dall’esperienza privata e personale dell’influencer.

Il primo passo svolto dall’Autorità Antitrust sembra essere quello di indurre spontaneamente sia gli influencer che le società titolari dei marchi sponsorizzati a fornire adeguate informazioni al momento della pubblicazione dei contenuti sui social media, idonei a rivelare la natura commerciale della comunicazione (sussistente sia nel caso in cui il product placement sia eseguito dietro compenso che a fronte della fornitura gratuita di prodotti).

La richiesta svolta con le lettere di moral suasion è quella di adeguarsi alle disposizioni generali previste dal Codice del Consumo, secondo cui la pubblicità deve essere riconoscibile come tale affinché l’intento commerciale della comunicazione sia chiaramente percepibile dal consumatore. Il Garante ha dichiarato che nel caso dell’influencer marketing l’evidente finalità promozionale dovrà essere manifestata attraverso l’inserimento di specifiche avvertenze che, in linea con le modalità di comunicazione proprie dei social network, possono per esempio consistere nell’utilizzo di appositi hashtag quali #pubblicità, #sponsorizzato, #advertising, #inserzioneapagamento e #fornitoda seguito dal nome del relativo brand sponsorizzato.


IL CASO “THE PIRATE BAY”: PER LA CORTE DI GIUSTIZIA ANCHE I GESTORI DELLA PIATTAFORMA DI CONDIVISIONE DI FILE TORRENT VIOLANO I DIRITTI D’AUTORE

23/06/2017

La Corte di Giustizia, con la sentenza pronunciata il 14 giugno scorso nella causa c-610/15, ha affermato che la messa a disposizione su Internet di contenuti caricati da utenti costituisce una forma di “comunicazione al pubblico”,  attività che deve essere autorizzata dai titolari dei diritti dautore sulle opere.

 

La Stichting Brein, una fondazione dei Paesi Bassi che protegge gli interessi dei titolari del diritto d’autore, ha adito i giudici olandesi per far ingiungere alla Ziggo e alla XS4ALL, fornitori di accesso i cui abbonati utilizzano per la maggior parte la piattaforma di condivisione online “The Pirate Bay”, di bloccare i nomi di dominio e gli indirizzi IP di “The Pirate Bay” al fine di evitare che i servizi di questi fornitori possano essere usati per violare il diritto di autore dei soggetti di cui la Stichting Brein protegge gli interessi.

Le domande di Stichting Brein, accolte in primo grado, sono state tuttavia rigettate in appello.

La Corte Suprema dei Paesi Bassi ha quindi adito la Corte Europea al fine di chiedere se si configuri una comunicazione al pubblico, ai sensi dell’articolo 3, paragrafo 1, della direttiva 2001/29, ad opera del gestore di un sito Internet ove sul sito in parola non si trovino opere protette, ma esista un sistema con il quale vengono indicizzati e categorizzati per gli utenti metadati relativi ad opere protette disponibili sui loro computer, consentendo loro di reperire e caricare e scaricare le opere protette.

Nella recente sentenza la Corte statuisce che la fornitura e la gestione di una piattaforma di condivisione online, quale è “The Pirate Bay”, devono effettivamente essere considerate atti di comunicazione al pubblico ai sensi della direttiva 2001/29 e in quanto tali sono consentite solamente previa autorizzazione dei titolari dei diritti di autore.

La Corte ha anche affermato che gli amministratori di “The Pirate Bay” non realizzano una «mera fornitura» di attrezzature fisiche ma svolgono un ruolo imprescindibile nella messa a disposizione delle opere protette. Essi, di fatto, intervengono con piena cognizione delle conseguenze del proprio comportamento, al fine di dare accesso alle opere, indicizzando ed elencando i “file torrent” che consentono agli utenti di localizzare le opere e di condividerle nell’ambito di una rete tra utenti (peer-to-peer).

Tale comunicazione riguarda peraltro un numero indeterminato di destinatari potenziali e comprende un numero considerevole di persone, come anche dichiarato dagli stessi amministratori di “The Pirate Bay” sul proprio sito internet.

Infine, la Corte ha affermato che è incontestabile che la messa a disposizione e la gestione di una piattaforma di condivisione online, come quella di cui al procedimento principale, sono realizzate allo scopo di trarne profitto, dal momento che la piattaforma in questione genera considerevoli introiti pubblicitari.