NON TUTTE LE INFORMAZIONI CONTENUTE NEL FASCICOLO DI UN’AUTORITA’ DI VIGILANZA FINANZIARIA SONO NECESSARIAMENTE RISERVATE

03/07/2018

Con la decisione resa in data 19 giugno 2018, la Corte di Giustizia dell’Unione Europea fa chiarezza su quali siano le informazioni contenute nei fascicoli delle autorità di vigilanza da considerare riservate, alla luce della Direttiva 2004/39/CE.

 

Protagonista della vicenda che ha portato la Corte di Giustizia a rendere la decisione sulla segretezza delle informazioni contenute nel fascicolo delle autorità di vigilanza finanziarie è uno degli investitori danneggiati dalle attività della società tedesca Phoenix Kapitaldienst, il cui modello commerciale si fondava su un sistema fraudolento. Nei confronti della Phoenix nel corso del 2005 è stata avviata una procedura concorsuale di insolvenza e attualmente è in stato di liquidazione.

Il sopra menzionato investitore ha presentato all’Ufficio federale tedesco di vigilanza dei servizi finanziari la richiesta di accesso a taluni documenti ricevuti e redatti da detto Ufficio nell’ambito della sua attività di vigilanza sulla Phoenix. Tuttavia, l’Ufficio federale ha negato l’accesso e perciò l’investitore ha deciso di adire l’organo giurisdizionale tedesco competente (La Corte amministrativa federale tedesca). Quest’ultima si è rivolta poi alla Corte di Giustizia chiedendo di precisare la portata della direttiva relativa ai mercati degli strumenti finanziari (Direttiva 2004/39/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 21 aprile 2004) la quale prevede che le autorità competenti siano soggette all’obbligo del segreto professionale e, ad eccezione dei casi tassativamente enumerati dalla direttiva, non possano rivelare le informazioni riservate che hanno ricevuto.

Con la decisione resa in data 19 giugno 2018, la Corte ha limitato dunque il perimetro di riservatezza delle informazioni relative all’impresa soggetta a vigilanza e trasmesse da quest’ultima all’autorità competente, stabilendo che non tutte le informazioni presenti negli atti relativi all’attività di vigilanza costituiscano, incondizionatamente, informazioni riservate, coperte dall’obbligo di mantenere il segreto professionale. In tale qualificazione rientrano le informazioni che, in primo luogo, non hanno carattere pubblico e che, in secondo luogo rischierebbero, se divulgate, di ledere gli interessi di colui che le ha fornite o di terzi, oppure il buon funzionamento del sistema di vigilanza sull’attività delle imprese di investimento istituito dalla direttiva.

I giudici del Lussemburgo precisano poi che le informazioni che possono aver costituito segreti commerciali perdono, in generale, la loro segretezza quando risalgono a cinque o più anni addietro. Una deroga è possibile qualora la parte che invoca il carattere segreto dimostri che, malgrado risalenti, tali informazioni costituiscono ancora elementi essenziali della propria posizione commerciale o di quella di terzi interessati. Infine, la Corte ribadisce che spetta agli Stati membri la decisione di estendere la protezione contro la divulgazione all’intero contenuto degli atti relativi all’attività di vigilanza delle autorità competenti o, al contrario, di consentire l’accesso alle informazioni in possesso delle autorità competenti che non siano informazioni riservate ai sensi della direttiva.