I COMPENSI DEGLI AMMINISTRATORI UNICI O DEI CONSIGLIERI DI AMMINISTRAZIONE DI S.P.A. SONO PIGNORABILI SENZA I LIMITI DI CUI ALL’ART. 545 C.P.C.

01/06/2017

Le Sezioni Unite della Corte di Cassazione, con sentenza del 20 gennaio 2017, n. 1545, hanno stabilito che l’amministratore unico o il consigliere d’amministrazione di una S.p.A. sono legati da un rapporto di tipo societario che – in considerazione dell’immedesimazione organica che si verifica tra persona fisica ed ente e dell’assenza del requisito della coordinazione – non è compreso in quelli previsti dal n. 3 dell’art. 409 c.p.c.. Ne deriva che i compensi spettanti ai predetti soggetti per le funzioni svolte in ambito societario sono pignorabili senza i limiti previsti dal quarto comma dell’art. 545 c.p.c..

 

A seguito di un’espropriazione presso terzi intentata da una banca contro il suo debitore, in primo grado veniva disposta con sentenza l’assegnazione all’istituto procedente della totale somma accantonata dai terzi a titolo di emolumenti per l’attività. Il debitore era infatti amministratore di una delle società terze pignorate e membro del consiglio di amministrazione dell’altra. Il debitore si opponeva all’ordinanza di assegnazione deducendo che vi era stata una diversa qualificazione della propria attività, secondo lui riconducibile all’ambito di applicazione dell’Articolo 409 numero 3 del Codice di Procedura Civile, e che quindi vi era una limitazione alla pignorabilità (solo fino ad un quinto). Il tribunale accoglieva la sua opposizione, qualificando l’attività lavorativa del debitore come lavoro parasubordinato e dunque limitava ad un quinto l’assegnazione di quanto i terzi pignorati avevano accantonato. La banca creditrice proponeva quindi ricorso per Cassazione.

Il quesito sottoposto alle Sezioni Unite è consistito nello stabilire se il rapporto tra la società per azioni ed il suo amministratore sia qualificabile come di lavoro parasubordinato od autonomo e, di conseguenza, stabilire se il limite di pignorabilità degli stipendi pari ad un quinto degli stessi previsto dal quarto comma dell’art. 545 c.p.c. sia applicabile ai compensi o agli emolumenti dell’amministratore stesso.

Fino alla decisione de quo, la giurisprudenza – secondo un primo orientamento – escludeva potersi individuare nell’ambito del rapporto di amministrazione un rapporto tra due distinti centri di interesse tra i quali avviene lo scambio di prestazioni, ciò in quanto l’ordinamento delle spa è regolato in modo da attribuire all’amministratore-rappresentante le caratteristiche strutturali di organo, escludendo quindi la configurabilità del rapporto di para-subordinazione e accogliendo la teoria cd. organica. Un diverso filone giurisprudenziale, aderente alla cd. teoria contrattualistica, riconduceva invece le controversie in questione all’art. 409, n. 3 c.p.c., ritenendo che il rapporto tra amministratore e spa presentasse i caratteri della continuità e del coordinamento con l’attività svolta dall’impresa societaria, richiesti da tale norma per affermare la competenza per materia del giudice del lavoro.

Una soluzione al dibattito fu trovata inizialmente dalle S.U. con la sentenza n. 10680 del 1994, la quale prese netta posizione a favore della qualificazione del rapporto di amministrazione in termini di rapporto di lavoro parasubordinato, ai sensi dell’art. 409 n. 3 c.p.c., sulla base del fatto che “all’interno dell’organizzazione societaria sono configurabili rapporti di credito nascenti da un’attività continua, coordinata e prevalente non rilevando l’eventuale mancanza di una posizione di debolezza contrattuale dell’amministratore nei confronti della società”.

Viceversa, con la sentenza in oggetto la Corte a Sezioni Unite, cassando la sentenza impugnata dal creditore procedente e rigettando l’opposizione proposta dal debitore, ha ritenuto errato il principio statuito dal Tribunale in ordine alla limitata pignorabilità dei crediti e statuito che i compensi spettanti agli amministratori per le funzioni svolte in ambito societario sono pignorabili nella loro totalità.