DIRETTIVA DIGITAL SINGLE MARKET: L’ARTICOLO 17 SEGNA UN PUNTO DI SVOLTA PER I PRESTATORI DI SERVIZI DI CONDIVISIONE DI CONTENUTI ONLINE

16/04/2019

Il Parlamento Europeo, riunito in plenaria il 26 marzo 2019, ha definitivamente approvato il testo che si propone di aggiornare la regolamentazione sul copyright. L’articolo 17 della Direttiva, in particolare, è rivolto ai prestatori di servizi di condivisione di contenuti online (OCSSP) e prevede significative novità relativamente alla responsabilità giuridica degli stessi.

 

All’interno del quadro giuridico che le disposizioni della citata Direttiva aspirano a definire – ovvero un quadro giuridico armonizzato in grado di contribuire al buon funzionamento del mercato interno e che stimoli innovazione e investimenti, anche in ambito digitale – un rilievo particolare è assunto dall’articolo 17, che concerne l’utilizzo di contenuti protetti da parte di prestatori di servizi di condivisione di contenuti online. Detto articolo è rivolto ai prestatori di servizi di condivisione di contenuti online (OCSSP) i quali, secondo la definizione contenuta all’art. 2 della Direttiva, hanno come scopo principale quello di archiviare e dare accesso al pubblico a grandi quantità di opere protette dal diritto d’autore o altri materiali protetti caricati dai propri utenti, che il servizio organizza e promuove a scopo di lucro.

Innanzitutto, è interessante notare come il paragrafo 1 dell’art. 17 chiarisca espressamente che gli OCSSP, nel consentire agli utenti il libero accesso ad opere protette, realizzano un atto di comunicazione al pubblico o un atto di messa a disposizione. Ciò porta a ritenere che essi abbiano una responsabilità diretta per le proprie attività, quando danno accesso a contenuti illegali caricati dagli utenti (e se sono soddisfatte le condizioni di cui al paragrafo 4, di cui si dirà brevemente infra).

La Direttiva sembrerebbe dunque cristallizzare un principio generale di responsabilità dei prestatori di servizi di condivisione di contenuti online qualora contribuiscano alla diffusione dei contenuti protetti dal diritto autorale, senza alcuna autorizzazione da parte del titolare dei diritti. Tuttavia, a loro carico è posto un articolato onere probatorio. Infatti, gli OCSSP potrebbero andare esenti da responsabilità qualora riescano a provare congiuntamente: a) di essersi adoperati al meglio per ottenere un’autorizzazione; b) di essersi adoperati al meglio, secondo elevati standard di diligenza professionale del settore, per assicurare che non siano disponibili le opere per le quali abbiano ricevuto dai titolari dei diritti le informazioni pertinenti (per la loro identificazione); e in ogni caso di c) aver agito tempestivamente, dopo aver ricevuto una segnalazione dai titolari dei diritti, per disabilitare l’accesso o rimuovere dai loro siti web le opere o altri materiali oggetto di segnalazione e aver compiuto i massimi sforzi per impedirne il caricamento in futuro.

Sembra dunque che l’unica ipotesi in cui l’OCSSP possa chiaramente escludere la propria responsabilità si verifichi quando egli abbia ottenuto un’autorizzazione preventiva da parte del titolare dei diritti. Quando ciò non accade, allora l’OCSSP è tenuto ad implementare una tecnologia volta ad impedire il caricamento di contenuti illeciti. Grazie ad un’adeguata implementazione tecnologica, l’OCSSP può evitare la propria responsabilità adottando un sistema in base al quale egli possa intervenire immediatamente sui servizi, a seguito delle comunicazioni ricevute dai titolari dei diritti, per rimuovere i contenuti illegali che sono stati caricati, e anche per impedirne il futuro caricamento (stay down).

Infine, occorre rilevare che il regime di responsabilità descritto non si applica indistintamente a tutti i prestatori di servizi online così come definiti dalla stessa direttiva. Infatti, l’ambito di applicazione dell’art. 17, così come specificato nei considerando, tiene esenti da tali obblighi i prestatori di servizi di condivisione di contenuti online con un fatturato annuo inferiore a 10 milioni di euro, il cui numero medio di visitatori unici al mese nell’Unione non supera i 5 milioni.