LA CORTE DI GIUSTIZIA EUROPEA IMPONE A FACEBOOK DI RIMUOVERE TUTTI I CONTENUTI ILLECITI IDENTICI ED EQUIVALENTI SU SCALA MONDIALE

08/10/2019

Con la recente decisione del 3 ottobre 2019 la Corte di Giustizia ribadisce l’obbligo di stay down, su scala mondiale, a carico degli hosting provider in relazione a tutti i contenuti “identici” ed “equivalenti” a quelli di un’informazione precedentemente dichiarata illecita.

 

La vicenda

La sig.ra Eva Glawischnig, deputata austriaca, ha chiesto che venisse ordinato a Facebook di cancellare un commento pubblicato da un utente sulla propria pagina personale, consultabile da ogni utente di Facebook, lesivo del suo onore nonché affermazioni identiche e/o dal contenuto equivalente.

Il contesto all’origine del rinvio pregiudiziale

La Corte suprema austriaca, chiamata a decidere sulla questione, ha chiesto in via pregiudiziale che la Corte di giustizia interpreti l’art. 15 della direttiva sul commercio elettronico (Direttiva n. 2000/31) che prevede il divieto di sorveglianza generale per i prestatori dei servizi. La Corte austriaca, in particolare, ha chiesto se l’articolo 15 osti in generale all’obbligo imposto a un hosting provider, che non abbia rimosso tempestivamente informazioni illecite, di rimuovere, non soltanto le suddette informazioni illecite ma anche altre informazioni identiche o equivalenti, a livello mondiale.

La soluzione della CGUE

La Corte di giustizia, con la sopra citata decisione, chiarisce che sebbene l’art 15, paragrafo 1, della Direttiva E-Commerce, vieti agli Stati membri di imporre ai prestatori di servizi di hosting un obbligo generale di sorvegliare le informazioni che trasmettono o memorizzano, come emerge dal considerando 47 della direttiva, tale divieto non riguarda gli obblighi di sorveglianza «in casi specifici». Un caso specifico di tal genere può scaturire, come nel caso di specie, da un’informazione precisa, memorizzata dal prestatore di servizi interessato su richiesta di un determinato utente del suo social network, il cui contenuto sia stato analizzato e ritenuto illecito dal giudice dello Stato membro. È stato pertanto ritenuto legittimo che il giudice competente possa esigere dall’hosting provider di bloccare l’accesso alle informazioni memorizzate, il cui contenuto sia identico a quello precedentemente dichiarato illecito, o di rimuovere tali informazioni, qualunque sia l’autore della richiesta di memorizzazione delle medesime. Lo stesso è stato riconosciuto in relazione ai contenuti equivalenti, purché contengano elementi specifici debitamente individuati, quali il nome della persona interessata, le circostanze in cui è stata accertata tale violazione nonché un contenuto equivalente a quello dichiarato illecito, tale da non dover costringere il prestatore di servizi di hosting interessato ad effettuare una valutazione autonoma di tale contenuto.

Infine, la Corte di Giustizia chiarisce che occorre ricordare che l’articolo 18, paragrafo 1, della Direttiva n. 2000/31 non prevede a tal riguardo alcuna limitazione territoriale e quindi non osta a che i sopra menzionati provvedimenti ingiuntivi producano effetti a livello mondiale.