SIMONA LAVAGNINI TRIONFA COME “AVVOCATO DELL’ANNO DIRITTO D’AUTORE” AI LEGALCOMMUNITY IP & TMT AWARDS 2019

14/05/2019

L’avvocato Simona Lavagnini, founding partner di LGV Avvocati, si conferma professionista di primo livello nel diritto d’autore.

 

Legal Community, da diversi anni attiva nel rating degli studi professionali e dei singoli professionisti del panorama italiano, ha assegnato il premio di “Avvocato dell’anno di diritto d’autore” a Simona Lavagnini.
La premiazione si è tenuta il 13 maggio 2019 all’evento che Legal Community dedica agli IP & TMT Awards, chiamando a raccolta tutti i più importanti professionisti del diritto della proprietà intellettuale.

L’avvocato Lavagnini è riuscita a raggiungere questo importante riconoscimento grazie alle sue solide competenze di diritto d’autore, che, specialmente nel settore delle nuove tecnologie, la contraddistinguono tra i professionisti del mondo legale italiano. Simona Lavagnini viene inoltre particolarmente apprezzata dai suoi clienti per la sua azione concreta e mai scontata, nonché per la creatività con cui affronta le sfide e le nuove questioni giuridiche.

La vincita dell’avv. Lavagnini agli IP & TMT awards, specialmente in riferimento ad un ambito in costante sviluppo come quello del diritto d’autore nelle nuove tecnologie, è paradigmatico della competenza e della specializzazione di LGV Avvocati, che ha un team dedicato di professionisti tutti attivi e competenti nel settore del diritto d’autore e delle nuove tecnologie. Inoltre, tale riconoscimento rafforza ulteriormente la presenza e l’influenza di LGV Avvocati nel settore del diritto d’autore e della protezione degli asset immateriali IP, attribuendo allo studio un ruolo di rilevanza in un mercato sempre più competitivo.


IL MARCHIO DENOMINATIVO ‘CIAOBNB’ RESISTE ALL’OPPOSIZIONE DEL COLOSSO AMERICANO AIRBNB INC

08/05/2019

La Ciaomanager S.r.l., piccola società trentina, depositava nel 2017 domanda di registrazione di marchio denominativo dell’Unione Europea ‘Ciaobnb’ per le classi di prodotti 9, 35, 39, 41, 42, 43. Airbnb Inc si opponeva alla domanda sulla base dei marchi denominativi anteriori ‘Airbnb’, ma l’EUIPO respingeva l’opposizione.

 

Con decisione del 9 aprile 2019, la Divisione Opposizioni dell’EUIPO ha rigettato l’opposizione alla domanda di marchio denominativo EU ‘Ciaobnb’ presentata da Airbnb Inc nel 2016, in quanto non sussiste rischio di confusione con i marchi ‘Airbnb’ registrati nelle stesse classi della domanda opposta.

Nel valutare la somiglianza, l’EUIPO ha ritenuto che i segni fossero diversi per svariate ragioni.

Innanzitutto, l’ufficio ha ritenuto che il lemma ‘BNB’ viene tendenzialmente associato dal consumatore al “Bed&Breakfast”, ossia a quella piccola struttura ricettiva che offre pernottamento e colazione. Osserva l’Ufficio che una parte dei servizi oggetto dell’opposizione riguarda la gestione o l’amministrazione di strutture che forniscono alloggio temporaneo attraverso piattaforme online o applicazioni software, sussistendo perciò un sufficiente collegamento tra i servizi menzionati e quella tipologia di alloggio evocata dalla nozione di ‘BNB’.

La parte opponente osserva, a questo punto, che essa non fornisce i tipici servizi di ‘Bed & Breakfast’, bensì un servizio di una piattaforma online a disposizione degli utenti per la pubblicazione di offerte di alloggio. Diversamente da quanto sostenuto dall’opponente, l’Ufficio ha ritenuto che nella comparazione dei segni debbano essere tenuti in considerazione i prodotti e i servizi per cui il marchio anteriore è registrato, e non le attività di impresa per cui effettivamente il segno viene utilizzato, o per cui esso possa aver acquisito capacità distintiva attraverso l’uso. L’elemento ‘BNB’, perciò, appare descrittivo in quanto esso allude alla tipologia prodotti e servizi forniti. Le parti iniziali di entrambi i segni, rispettivamente ‘AIR’ e ‘CIAO’, sono state invece ritenute sufficientemente distintive rispetto ai prodotti e servizi richiesti, nonché tra loro diverse. A ciò si aggiunge il fatto che nella percezione di marchio denominativo il consumatore si focalizza sulla prima parte del segno, avvalorando tale circostanza la diversità tra i due segni.

L’opponente ha allora sostenuto che il segno ‘Ciaobnb’ corre il rischio di essere considerato una variante italiana del segno ‘Airbnb’, ben potendo essere associato con gli alloggi offerti dalla società americana in Italia. L’ufficio ha riconosciuto che il segno contestato possa essere in qualche modo associato con l’Italia, ma grazie anche alla diversità concettuale tra i lemmi ‘ciao’ ed ‘air’ non sarebbe possibile confondere i due segni.

Quanto alla capacità distintiva dei marchi anteriori, l’Ufficio ha riconosciuto che Air Bnb Inc. gode di una posizione consolidata tra le aziende del settore, proprio come attestato dalle diverse fonti indipendenti prodotte nel procedimento; il marchio AirBnb, perciò, ha acquisito carattere distintivo prima della proposizione della domanda di marchio avversaria. Tuttavia, il carattere distintivo acquisito riguarda solamente una parte dei prodotti/servizi oggetto dell’opposizione, perciò per quanto concerne la restante parte, la valutazione deve essere limitata alla distintività intrinseca.

Alla luce di tutte queste considerazioni e della valutazione globale della comparazione tra i segni, l’opposizione è stata rigettata.


IL MARCHIO DENOMINATIVO ‘CIAOBNB’ RESISTE ALL’OPPOSIZIONE DEL COLOSSO AMERICANO AIRBNB INC

08/05/2019

La Ciaomanager S.r.l., piccola società trentina, depositava nel 2017 domanda di registrazione di marchio denominativo dell’Unione Europea ‘Ciaobnb’ per le classi di prodotti 9, 35, 39, 41, 42, 43. Airbnb Inc si opponeva alla domanda sulla base dei marchi denominativi anteriori ‘Airbnb’, ma l’EUIPO respingeva l’opposizione.

 

Con decisione del 9 aprile 2019, la Divisione Opposizioni dell’EUIPO ha rigettato l’opposizione alla domanda di marchio denominativo EU ‘Ciaobnb’ presentata da Airbnb Inc nel 2016, in quanto non sussiste rischio di confusione con i marchi ‘Airbnb’ registrati nelle stesse classi della domanda opposta.

Nel valutare la somiglianza, l’EUIPO ha ritenuto che i segni fossero diversi per svariate ragioni.

Innanzitutto, l’ufficio ha ritenuto che il lemma ‘BNB’ viene tendenzialmente associato dal consumatore al “Bed&Breakfast”, ossia a quella piccola struttura ricettiva che offre pernottamento e colazione. Osserva l’Ufficio che una parte dei servizi oggetto dell’opposizione riguarda la gestione o l’amministrazione di strutture che forniscono alloggio temporaneo attraverso piattaforme online o applicazioni software, sussistendo perciò un sufficiente collegamento tra i servizi menzionati e quella tipologia di alloggio evocata dalla nozione di ‘BNB’.

La parte opponente osserva, a questo punto, che essa non fornisce i tipici servizi di ‘Bed & Breakfast’, bensì un servizio di una piattaforma online a disposizione degli utenti per la pubblicazione di offerte di alloggio. Diversamente da quanto sostenuto dall’opponente, l’Ufficio ha ritenuto che nella comparazione dei segni debbano essere tenuti in considerazione i prodotti e i servizi per cui il marchio anteriore è registrato, e non le attività di impresa per cui effettivamente il segno viene utilizzato, o per cui esso possa aver acquisito capacità distintiva attraverso l’uso. L’elemento ‘BNB’, perciò, appare descrittivo in quanto esso allude alla tipologia prodotti e servizi forniti. Le parti iniziali di entrambi i segni, rispettivamente ‘AIR’ e ‘CIAO’, sono state invece ritenute sufficientemente distintive rispetto ai prodotti e servizi richiesti, nonché tra loro diverse. A ciò si aggiunge il fatto che nella percezione di marchio denominativo il consumatore si focalizza sulla prima parte del segno, avvalorando tale circostanza la diversità tra i due segni.

L’opponente ha allora sostenuto che il segno ‘Ciaobnb’ corre il rischio di essere considerato una variante italiana del segno ‘Airbnb’, ben potendo essere associato con gli alloggi offerti dalla società americana in Italia. L’ufficio ha riconosciuto che il segno contestato possa essere in qualche modo associato con l’Italia, ma grazie anche alla diversità concettuale tra i lemmi ‘ciao’ ed ‘air’ non sarebbe possibile confondere i due segni.

Quanto alla capacità distintiva dei marchi anteriori, l’Ufficio ha riconosciuto che Air Bnb Inc. gode di una posizione consolidata tra le aziende del settore, proprio come attestato dalle diverse fonti indipendenti prodotte nel procedimento; il marchio AirBnb, perciò, ha acquisito carattere distintivo prima della proposizione della domanda di marchio avversaria. Tuttavia, il carattere distintivo acquisito riguarda solamente una parte dei prodotti/servizi oggetto dell’opposizione, perciò per quanto concerne la restante parte, la valutazione deve essere limitata alla distintività intrinseca.

Alla luce di tutte queste considerazioni e della valutazione globale della comparazione tra i segni, l’opposizione è stata rigettata.


DIRETTIVA DIGITAL SINGLE MARKET: L’ARTICOLO 17 SEGNA UN PUNTO DI SVOLTA PER I PRESTATORI DI SERVIZI DI CONDIVISIONE DI CONTENUTI ONLINE

16/04/2019

Il Parlamento Europeo, riunito in plenaria il 26 marzo 2019, ha definitivamente approvato il testo che si propone di aggiornare la regolamentazione sul copyright. L’articolo 17 della Direttiva, in particolare, è rivolto ai prestatori di servizi di condivisione di contenuti online (OCSSP) e prevede significative novità relativamente alla responsabilità giuridica degli stessi.

 

All’interno del quadro giuridico che le disposizioni della citata Direttiva aspirano a definire – ovvero un quadro giuridico armonizzato in grado di contribuire al buon funzionamento del mercato interno e che stimoli innovazione e investimenti, anche in ambito digitale – un rilievo particolare è assunto dall’articolo 17, che concerne l’utilizzo di contenuti protetti da parte di prestatori di servizi di condivisione di contenuti online. Detto articolo è rivolto ai prestatori di servizi di condivisione di contenuti online (OCSSP) i quali, secondo la definizione contenuta all’art. 2 della Direttiva, hanno come scopo principale quello di archiviare e dare accesso al pubblico a grandi quantità di opere protette dal diritto d’autore o altri materiali protetti caricati dai propri utenti, che il servizio organizza e promuove a scopo di lucro.

Innanzitutto, è interessante notare come il paragrafo 1 dell’art. 17 chiarisca espressamente che gli OCSSP, nel consentire agli utenti il libero accesso ad opere protette, realizzano un atto di comunicazione al pubblico o un atto di messa a disposizione. Ciò porta a ritenere che essi abbiano una responsabilità diretta per le proprie attività, quando danno accesso a contenuti illegali caricati dagli utenti (e se sono soddisfatte le condizioni di cui al paragrafo 4, di cui si dirà brevemente infra).

La Direttiva sembrerebbe dunque cristallizzare un principio generale di responsabilità dei prestatori di servizi di condivisione di contenuti online qualora contribuiscano alla diffusione dei contenuti protetti dal diritto autorale, senza alcuna autorizzazione da parte del titolare dei diritti. Tuttavia, a loro carico è posto un articolato onere probatorio. Infatti, gli OCSSP potrebbero andare esenti da responsabilità qualora riescano a provare congiuntamente: a) di essersi adoperati al meglio per ottenere un’autorizzazione; b) di essersi adoperati al meglio, secondo elevati standard di diligenza professionale del settore, per assicurare che non siano disponibili le opere per le quali abbiano ricevuto dai titolari dei diritti le informazioni pertinenti (per la loro identificazione); e in ogni caso di c) aver agito tempestivamente, dopo aver ricevuto una segnalazione dai titolari dei diritti, per disabilitare l’accesso o rimuovere dai loro siti web le opere o altri materiali oggetto di segnalazione e aver compiuto i massimi sforzi per impedirne il caricamento in futuro.

Sembra dunque che l’unica ipotesi in cui l’OCSSP possa chiaramente escludere la propria responsabilità si verifichi quando egli abbia ottenuto un’autorizzazione preventiva da parte del titolare dei diritti. Quando ciò non accade, allora l’OCSSP è tenuto ad implementare una tecnologia volta ad impedire il caricamento di contenuti illeciti. Grazie ad un’adeguata implementazione tecnologica, l’OCSSP può evitare la propria responsabilità adottando un sistema in base al quale egli possa intervenire immediatamente sui servizi, a seguito delle comunicazioni ricevute dai titolari dei diritti, per rimuovere i contenuti illegali che sono stati caricati, e anche per impedirne il futuro caricamento (stay down).

Infine, occorre rilevare che il regime di responsabilità descritto non si applica indistintamente a tutti i prestatori di servizi online così come definiti dalla stessa direttiva. Infatti, l’ambito di applicazione dell’art. 17, così come specificato nei considerando, tiene esenti da tali obblighi i prestatori di servizi di condivisione di contenuti online con un fatturato annuo inferiore a 10 milioni di euro, il cui numero medio di visitatori unici al mese nell’Unione non supera i 5 milioni.


LGV E ORSINGHER ORTU VINCONO IN CASSAZIONE CON YAHOO! (E MICROSOFT): IL GESTORE DEL SERVIZIO “YAHOO! SEARCH” NON È RESPONSABILE PER LA DIFFUSIONE DI CONTENUTI ILLECITI
22/03/2019

Con sentenza n. 7709/19 del 19 marzo 2019, la Corte di Cassazione, Sez. I civile, si è pronunciata in favore di Yahoo! – assistita dagli avvocati Marco Consonni e Matteo Orsingher dello Studio Oringher Ortu e dall’avvocato Simona Lavagnini dello Studio LGV Avvocati – rigettando il ricorso presentato da un noto gruppo televisivo italiano volto a far accettare la responsabilità dell’Internet Service Provider per la diffusione illecita di contenuti protetti dal diritto d’autore tramite il servizio “Yahoo! Search”.

 

La vicenda giudiziaria (ora arrivata al suo epilogo) riguardava la presunta responsabilità di Yahoo! in qualità di gestore del servizio “Yahoo! Search” per la presenza, tra i risultati indicizzati (e generati sulla base di servizi forniti da Microsoft), di link a siti di terze parti su cui erano stati caricati, in assenza di autorizzazione, materiali su cui il noto gruppo televisivo italiano vantava diritti di privativa.
La Suprema Corte, confermando quanto stabilito nei precedenti gradi di giudizio, ha stabilito che il motore di ricerca che si limiti a memorizzare in maniera automatica, intermedia e temporanea le informazioni per una loro più efficace trasmissione agli utenti non può essere considerato responsabile per l’eventuale diffusione di materiali illeciti, in quanto il suo ruolo resta passivo. Tale assenza di responsabilità non sarebbe neppure esclusa dall’offerta, da parte del motore di ricerca, di servizi aggiuntivi agli utenti (quali l’embedding ed il suggest search) poichè anch’essi sono fondati sul carattere automatico e temporaneo della memorizzazione delle informazioni e non sono quindi idonei a far ritenere che il provider svolga un ruolo attivo.
A detta della Cassazione, la condizione di neutralità (e dunque di irresponsabilità) in cui versa il motore di ricerca potrebbe essere esclusa solo qualora esso non dovesse agire prontamente per rimuovere o disabilitare l’accesso al contenuto illecito una volta attinto da un provvedimento dell’autorità giurisdizionale o amministrativa.