INTELLIGENZA ARTIFICIALE, UNIONE EUROPEA IN EQUILIBRO TRA APPROCCIO COMUNE E NAZIONALISMI

08/04/2020

Con la pubblicazione del Libro Bianco [1] a febbraio, l’Unione Europea ha aperto una consultazione pubblica (in scadenza il prossimo 19 maggio 2020) sul tema dell’Intelligenza Artificiale al fine di valutare la possibilità di adottare un approccio normativo comune che consenta di superare nazionalismi e visioni parziali della materia. A detta della Commissione, lo sviluppo di una normativa comune sul tema dell’Intelligenza Artificiale consentirebbe alle imprese e ai cittadini dell’Unione di affrontare con più consapevolezza le più attuali sfide sociali quali la lotta contro il cambiamento climatico, le sfide legate alla sostenibilità e ai cambiamenti demografici, la protezione delle democrazie ed infine la lotta alla criminalità. Ma la sicura attualità di questi temi verrà ancora percepita nello stesso modo a seguito dell’avvento dell’emergenza sanitaria derivata dalla diffusione del COVID-19?

 

Intelligenza Artificiale: definizione e status della normativa dell’Unione Europea
Nell’ambito della definizione di una strategia comune per il mercato unico digitale, l’Unione Europea ha iniziato ad interessarsi più attivamente di Intelligenza Artificiale (IA) nel 2017, momento in cui il Consiglio Europeo ha riconosciuto il tema in questione come urgente e in rapida evoluzione, tanto da invitare la Commissione Europea a gettare le basi per una normativa comune. Secondo il Consiglio era infatti necessario approcciare l’IA in maniera uniforme in tutta l’Unione “garantendo nel contempo un elevato livello di protezione dei dati, diritti digitali e norme etiche [2]”.
Da qui la Commissione ha raccolto l’invito del Consiglio ed in data 25 aprile 2018 [3] ha pubblicato una comunicazione agli altri organi europei interessati in cui è stata resa pubblica la strategia in tema di IA che avrebbe portato ad un aumento esponenziale delle risorse dell’Unione destinate allo sviluppo di progetti su IA (quasi 2,5 miliardi di euro tra il 2018 ed il 2020 oltre ad investimenti privati ed un piano di sostegno economico per il decennio 2020-2030), anche al fine di rendere le tecnologie basate su IA quanto più possibile accessibili a cittadini e imprese. L’iniziativa è evidentemente mirata a competere con altre potenze del globo (USA, Cina, Giappone e Canada) nella corsa tecnologica a sfruttare le opportunità offerte dallo sviluppo “casalingo” di Intelligenze Artificiali.
Insomma, l’industria europea “cannot miss the train”, per usare le parole della Commissione. Circostanza ribadita dalla stessa Commissione nella successiva comunicazione del 7 dicembre 2018 in cui ha esposto il proprio piano coordinato sul tema dell’IA [4].
Slogan a parte, la comunicazione della Commissione del 25 aprile 2018 contiene una (seppur imprecisa) definizione di IA, assente sino a quel momento nei testi legislativi dell’Unione. Studiosi e tecnici hanno fornito negli anni definizioni parzialmente diverse, senza tuttavia raggiungere un accordo su una definizione in particolare [5]. Con la comunicazione la Commissione aveva definito l’IA come “sistemi che mostrano un comportamento intelligente analizzando il proprio ambiente e compiendo azioni, con un certo grado di autonomia, per raggiungere specifici obiettivi” [6]. Tale definizione è stata poi ulteriormente elaborata dal cosiddetto Gruppo indipendente di esperti ad alto livello sull’intelligenza artificiale [7] che, con la relazione “Orientamenti etici per un’IA affidabile”, ha specificato la nozione dell’intelligenza artificiale come segue: “Sistemi software (ed eventualmente hardware) progettati dall’uomo che, dato un obiettivo complesso, agiscono nella dimensione fisica o digitale percependo il proprio ambiente attraverso l’acquisizione di dati, interpretando i dati strutturati o non strutturati raccolti, ragionando sulla conoscenza o elaborando le informazioni derivate da questi dati e decidendo le migliori azioni da intraprendere per raggiungere l’obiettivo dato”. A tale definizione è stato aggiunto che “I sistemi di IA possono usare regole simboliche o apprendere un modello numerico, e possono anche adattare il loro comportamento analizzando gli effetti che le loro azioni precedenti hanno avuto sull’ambiente.”

White Paper su IA, pilastri per promuovere una regolamentazione comune
È evidente che l’adozione di una regolamentazione comune auspicata dal Consiglio nel 2017 sul tema dell’IA ha subito un’accelerata improvvisa alla pubblicazione del White Paper sull’IA lo scorso 19 febbraio da parte della Commissione. La consultazione pubblica avviata dalla Commissione scadrà il prossimo 19 maggio 2020, data entro la quale potranno pervenire proposte ed osservazioni su come dare ulteriore impulso alle attività di ricerca e sviluppo sul tema dell’IA, migliorare lo sviluppo delle conoscenze in tema di IA da parte delle piccole e medie imprese europee e infine fornire gli elementi essenziali per un quadro legislativo sul tema. Secondo la Commissione i sistemi di IA possono aiutare l’Unione ad affrontare le più attuali sfide sociali quali la lotta contro il cambiamento climatico, le sfide legate alla sostenibilità e ai cambiamenti demografici, la protezione delle democrazie ed infine la lotta alla criminalità. Tutto ciò senza tralasciare il rispetto dei diritti umani fondamentali, quali la dignità umana e la protezione della privacy degli individui.
La Commissione intende quindi approcciare il tema dell’IA attraverso una legislazione comune che si fondi sullo sviluppo dell’economia europea basato sullo sfruttamento della gran quantità di dati disponibili attraverso sistemi di IA “affidabili” e che nello stesso tempo possa garantire i diritti umani fondamentali. Il sistema economico “d’eccellenza” che la Commissione intende sviluppare è basato sulla razionalizzazione della ricerca, sulla promozione della collaborazione tra gli Stati membri (oltre che tra il settore pubblico e quello privato), aumentando gli investimenti nello sviluppo e nella diffusione dell’IA.
Al fine di rendere i sistemi di IA “affidabili”, la Commissione ha confermato quanto già espresso dal Gruppo di Esperti e cioè qualsiasi sviluppo di IA “affidabili” non può prescindere dal garantire i seguenti sette pilastri fondamentali:
(i) apporto e supervisione dell’uomo; (ii) solidità e sicurezza tecnica; (iii) privacy e governance dei dati; (iv) trasparenza; (v) diversità, non discriminazione ed equità; (vi) benessere sociale e ambientale, (vii) responsabilità.
Ciò ovviamente per evitare che lo sviluppo di sistemi basati su IA possa avere effetti distorsivi. La Commissione è infatti ben consapevole che i sistemi di IA, attraverso l’automazione delle attività prima di esclusiva competenza dell’uomo, possano minacciare la privacy dei cittadini, ledere il loro diritto di espressione, il principio di non discriminazione e l’autorealizzazione dell’individuo (solo per citare alcuni dei rischi).

Sistemi di IA in campo medico – il caso del COVID – 19
Non è un mistero che in campo medico i sistemi diagnostici più evoluti siano in grado di elaborare autonomamente ed in tempo reale una miriade di dati provenienti fra l’altro da Internet, pubbliche amministrazioni e altre strutture sanitarie collegate in rete. Ciò accade da tempo in questo settore, tanto che è comune parlare del settore dell’Internet of Medical Things [8]. Ovviamente sono numerosi i problemi sottesi all’utilizzo di IA in campo medico sia come affidabilità dei dati elaborati (acquisire dati dei pazienti da internet o da altre banche dati qualora non sufficientemente validate potrebbe portare a non corrette diagnosi) sia come obiettivi perseguiti (le IA potrebbero perseguire obiettivi non etici come guidare verso pratiche mediche che soddisfino gli obiettivi amministrativi ma non la reale qualità della cura) [9].
Il Libro Bianco indica l’intero settore dell’assistenza sanitaria come un esempio per un ambito ad alto rischio di cui ogni futura regolamentazione dovrebbe tenere conto.
Nella situazione ora descritta è intervenuta l’emergenza sanitaria derivante dal contagio da COVID – 19, la quale – con effetto deflagrante – ha portato alla luce due temi cruciali: il primo riguarda il nuovo bilanciamento fra campo medico e diritti fondamentali nel contesto sanitario emergenziale, mentre il secondo concerne l’effettiva possibilità di continuare, e come, con una collaborazione fra Stati membri nel contesto europeo.
In netto contrasto con le indicazioni di principio di cui al Libro Bianco, infatti, nell’attuale emergenza sanitaria per combattere il COVID-19 si osserva un progressivo complicarsi delle modalità di bilanciamento dei pilastri dell’etica e della tutela dei diritti umani fondamentali con gli obiettivi di protezione del diritto alla salute, proprio in quel campo ad alto rischio individuato nel Libro Bianco. Questo potrebbe significare, da un lato, che la strada della regolamentazione basata sui principi etici indicata dalla Commissione sarà sottoposta ad aspre critiche per non aver tenuto conto di quanto già accadeva in ambito medico in tema di IA. In particolare, la Commissione non fa cenno alcuno circa il necessario bilanciamento tra diritti umani fondamentali (quali privacy) e la necessaria applicabilità di sistemi di IA, che necessariamente debbano sacrificare la privacy dei cittadini per tutelare la salute pubblica. Dall’altro lato stiamo già assistendo a prese di posizione chiare da parte dei singoli Stati membri in favore dell’applicabilità di IA in campo medico con conseguente sacrificio dei diritti umani fondamentali indicati nel Libro Bianco, quali la privacy.
A conferma si veda la discussione in atto in Italia dove si sta valutando, tra le altre misure obbligatorie da intraprendere, la possibilità di utilizzare un’applicazione per smartphone in grado di tracciare i movimenti dei cittadini per fermare l’epidemia da COVID-19. Ovviamente la lesione del diritto alla privacy connesso all’utilizzo della citata applicazione è evidente. Ancor più evidente è l’utilizzo di IA in grado di elaborare i dati ricevuti fornendo una diagnosi in breve tempo per contenere e combattere la pandemia senza che i cittadini si possano (forse) opporre al tracciamento dei propri dati personali e medici. Oltre al tracciamento tramite applicazione su smartphone il Ministero per l’innovazione tecnologica e la digitalizzazione, il Ministero dello Sviluppo Economico ed il Ministero dell’Università e Ricerca hanno pubblicato un invito ai centri di ricerca ed alle imprese innovative per fornire un contributo nell’ambito dei dispositivi per la prevenzione, la diagnostica e il monitoraggio per il contenimento e il contrasto del diffondersi del COVID-19 (ivi incluso l’utilizzo di un’applicazione per smartphone in grado di eseguire un monitoraggio degli individui) [10]. Sul punto l’approccio di Antonello Soro, Presidente del Garante per la protezione dei dati personali, appare ondivago. Da una parte il Garante, nei primi giorni dell’emergenza, si è detto favorevole all’utilizzo dell’app in questione qualora tale sistema di raccolta ed elaborazione dati, ancorchè invasivo, sia comunque finalizzato all’interesse generale di tutela della salute [11]. Dall’altra parte, più recentemente, il Garante ha espresso un parere che sembrerebbe diverso, sostenendo che l’utilizzo di app di questo tipo possa avvenire solo su base volontaria. Ora, sembrerebbe opportuno affrontare la questione in un’ottica olistica, e chiedersi se l’emergenza sanitaria giustifichi o meno la compressione di diritti fondamentali. Se così è (e pare che i costituzionalisti italiani si siano espressi in questo senso), la compressione del diritto alla privacy non è diversa da quella del diritto alla libertà di movimento, di associazione, e di lavoro che già i cittadini stanno subendo da diverse settimane, per il bene – quantomeno asseritamente – superiore della salute pubblica. È ovvio che la compressione possa giustificarsi solo nella misura in cui l’emergenza sanitaria effettivamente sussista, e che le due opposte istanze debbano essere bilanciate costantemente, anche in un’ottica evolutiva. Quando la minaccia è massima, si possono giustificare misure più invasive; quando la minaccia è minore, tali misure possono diventare illegittime. È altrettanto ovvio che bisognerà assicurare un adeguato controllo delle scelte che in questi giorni vengono peraltro prese da Governi, Governatori Regionali, altre autorità amministrative, con poco o nessun coinvolgimento del Parlamento e nella paralisi del sistema giudiziario. Entrambi questi aspetti vanno celermente ripristinati, a pena di stravolgere le caratteristiche fondanti della nostra società. Sarà interessante vedere quali saranno le decisioni adottate dall’Italia e dagli altri Stati membri dell’EU. E’ infatti lecito aspettarsi che altri questi ultimi intraprendano propri per implementare i sistemi di IA in campo medico per contrastare la diffusione del COVID-19.
E qui viene in luce il secondo tema sopra accennato, ossia l’effetto dirompente che l’emergenza COVID – 19 sta avendo su tutte le strutture e i principi dell’Unione Europea. Gli Stati membri hanno presto sospeso alcuni di questi principi, primo fra tutti quello di libera circolazione delle persone e delle merci, bloccando le frontiere, le consegne di merci ritenute essenziali, e talora procedendo a sequestri di tali merci in transito per rifornire le proprie strutture. Anche nel campo dell’IA e delle app per il controllo sanitario è prevedibile che ciascun Stato membro si muova in autonomia, con buona pace delle iniziative intraprese dagli organi comunitari, ed evidenziando come il sistema tutto debba ormai essere ripensato. Resta quindi da porsi una domanda fondamentale: resisteranno i pilastri fondamentali – anche in tema di IA – elaborati dall’Unione Europea alla sfida dell’emergenza sanitaria che ha sconvolto l’Europa?

Note:
[1] Testo completo consultabile al link https://ec.europa.eu/info/sites/info/files/commission-white-paper-artificial-intelligence-feb2020_it.pdf;
[2] Documento del Consiglio EUCO 14/17 CO EUR 17 CONCL 5 del 19 ottobre 2017, testo completo disponibile al link https://www.consilium.europa.eu/media/21608/19-euco-final-conclusions-it.pdf;
[3] COM(2018) 237 del 25 aprile 2018, Comunicazione della Commissione Europea “L’intelligenza artificiale per l’Europa” testo completo disponibile al link https://ec.europa.eu/transparency/regdoc/rep/1/2018/IT/COM-2018-237-F1-IT-MAIN-PART-1.PDF;
[4] COM(2018) 795 final del 7 dicembre 2018, Communication for Coordinated Plan on Artificial Intelligence;
[5] Per approfondimenti si veda LAVAGNINI, Intelligenza artificiale e proprietà intellettuale: proteggibilità delle opere e titolarità dei diritti in Il diritto d’autore 2018, fasc. 3, 360 ss.;
[6] La Commissione ha precisato inoltre che i sistemi basati sull’intelligenza artificiale possono “consistere solo in software che agiscono nel mondo virtuale (ad esempio assistenti vocali, software per l’analisi delle immagini, motori di ricerca, sistemi di riconoscimento vocale e facciale), oppure incorporare l’IA in dispositivi hardware (per esempio in robot avanzati, auto a guida autonoma, droni o applicazioni dell’Internet delle cose)”;
[7] Si tratta del Gruppo di esperti ad alto livello sull’intelligenza artificiale è indipendente ed è stato istituito dalla Commissione nel giugno 2018 ed ha reso pubblico il proprio parere nell’aprile 2019, disponibile al link https://ec.europa.eu/digital-single-market/en/news/ethics-guidelines-trustworthy-ai;
[8] Sul punto si veda https://www.europeanpharmaceuticalreview.com/article/47692/imot-healthcare/;
[9] Per una disamina dei vantaggi e rischi si veda Musacchio, Guaita, Ozzello, Pellegrini, Ponzani, Zilich, A. De Micheli, Intelligenza Artificiale e Big Data in ambito medico: prospettive, opportunità, criticità, AMD Journal, ISSN 2036-363X (print) vol. 21-3;
[10] Il progetto denominato Innova per l’Italia è pubblicato sul sito del Ministero per l’innovazione tecnologica e la digitalizzazione al link https://innovazione.gov.it/innova-per-l-Italia-la-tecnologia-e-l-innovazione-in-campo-contro-l-emergenza-covid-19/;
[11] Sul punto si veda www.garanteprivacy.it/web/guest/home/docweb/-/docweb-display/docweb/9298389.

Alessandro Bura, Tankred Thiem