LA RIPRODUZIONE SISTEMATICA DI ELEMENTI DI NATURA SECONDARIA RISPETTO ALLA FORMA COMPLESSIVA DEL PRODOTTO INTEGRANO UN IPOTESI DI CONCORRENZA PARASSITARIA, RICONDUCIBILE ALLA FATTISPECIE PREVISTA DALL’ART. 2598 N.3 C.C.

28/10/2020

Con sentenza del 22 ottobre 2020 il Tribunale di Milano, Sezione Specializzata in Materia d’Impresa, ha accertato che le condotte poste in essere dalla società convenute, attive nella produzione e commercializzazione di prodotti del settore calzaturiero, costituiscono atti di concorrenza sleale, ai sensi dell’art. 2598 n. 3 c.c. in danno alla società attrice, assistista da LGV.

 

La vicenda in esame ha inizio con l’instaurazione da parte di una nota società produttrice di calzature e moda di un giudizio cautelare ai sensi degli artt. 126, 131 e 133 c.p.i. e ai sensi dell’art. 700 c.p.c., all’esito del quale sono state accolte quasi tutte le richieste di provvedimenti inibitori formulate dall’allora ricorrente, con ordinanza parzialmente confermata nella successiva fase di reclamo.
La decisione in commento giunge al termine del procedimento di merito con cui il Tribunale meneghino ha confermato quanto accertato in sede cautelare, ossia la presenza di alcuni elementi sulle calzature delle convenute e la loro idoneità a produrre un effetto confusorio. Nel corso del giudizio è stato infatti provato che nei prodotti delle convenute vengono replicati plurimi elementi presenti nelle calzature dell’attrice e che tale condotta, che si sostanzia nella sistematica imitazione di tutto o quasi tutto ciò che fa il concorrente, deve ritenersi contraria alle regole che presiedono all’ordinario svolgimento della concorrenza. Tale sistematica imitazione costituisce secondo il Tribunale di Milano “una pratica concorrenziale scorretta perché la pluralità delle condotte dà vita ad un illecito unitario integrante uno sfruttamento continuo e strutturato del lavoro altrui, che può cronologicamente svolgersi sia mediante successivi comportamenti imitativi delle iniziative e dei prodotti altrui sia mediante una serie di comportamenti simultanei che possano tutti ritenersi e manifestarsi in maniera univoca ed in quantità significativa come rivolti al perseguimento del medesimo illecito fine.”.
Sulla base di questo unico presupposto, i Giudice milanesi, in parziale accoglimento delle domande delle convenute, hanno fondato l’ordine di inibitoria definitiva a danno delle convenute, ordinando altresì il ritiro dal commercio dei prodotti oggetto di causa e ponendo una penale per ogni violazione o inosservanza o ritardo nell’esecuzione dell’ordine. Il Tribunale ha quindi rimesso la causa in istruttoria per la quantificazione del danno.

Brenda Villa