C’E’ TUTELA PENALE PER LE BANCHE DI DATI SUI GENERIS? LA RECENTE OPINIONE DELLA CORTE DI CASSAZIONE.

04/02/2020

Con la sentenza n. 6734, pubblicata in data 12 febbraio 2019, la Corte di Cassazione penale si è pronunciata in merito ai requisiti per la tutela penale per le banche di date protette dal diritto sui generis.

 

Il fatto
Nel caso esaminato dalla Corte di Cassazione i dati contenuti in un noto sito concernente aste giudiziarie per beni immobili erano stati estratti e reimpiegati da parte di un diverso operatore, attivo nell’offerta al pubblico dei consumatori di servizi e consulenza finalizzata all’acquisto di immobili nelle aste giudiziarie, tramite pubblicazione su vari siti Internet. Il materiale consisteva in fotografie, planimetrie e schede, queste ultime create dal sito di aste giudiziarie, che riportavano le principali caratteristiche degli immobili soggetti a procedura esecutiva.

L’applicazione degli artt. 171-bis e 102-bis della L. n. 633/1941 ad opera del Tribunale del riesame
Il Tribunale di Lucca, adito in sede di riesame, aveva ritenuto che il comportamento sopra descritto fosse sanzionabile ex art. 171-bis della L. n. 633/1941.
Occorre premettere che tale norma punisce le condotte commesse in violazione degli artt. 64-quinquies e 64-sexies nonché degli artt. 102-bis e 102-ter della L. n. 633/1941. L’art. 64-quinquies prevede una serie di diritti esclusivi dell’autore della banca dati, qualora questa si qualifichi come opera dell’ingegno, ed in particolare i diritti di riproduzione, traduzione o adattamento, distribuzione al pubblico, presentazione, dimostrazione o comunicazione al pubblico, trasmissione con qualsiasi mezzo o con qualsiasi forma. Diversamente, gli artt. 102-bis e 102-ter conferisce al costitutore di una banca dati – anche non creativa – il diritto di vietare l’estrazione o il reimpiego di tutta o di parte sostanziale della banca di dati, qualora il costitutore abbia sostenuto un investimento rilevante nella costituzione della banca di dati, di tipo qualitativo o quantitativo.
Nel caso di specie, il Tribunale del riesame aveva ritenuto che la condotta di ripubblicazione dei dati concernente le aste giudiziarie fosse sanzionabile ai sensi dell’art. 171-bis della L. n. 633/1941, poiché idonea ad integrare la fattispecie di estrazione o reimpiego, al fine di trarne profitto, della totalità o di parti sostanziali del contenuto di una banca dati. Pertanto, il Tribunale aveva confermato il sequestro preventivo del sito contenente i dati estratti e reimpiegati senza autorizzazione, mediante oscuramento dello stesso e mediante il blocco degli account riferibili al titolare del sito.
Il fumus del reato in contestazione aveva dunque trovato fondamento sulla tutelabilità della banca di dati costituita dai dati raccolti presso gli uffici giudiziari ed organizzati in via esclusiva, attraverso l’attività prestata dalla parte offesa dal reato. La circostanza che l’attività in questione fosse complessa, e quindi richiedesse un investimento rilevante, aveva infatti fatto in modo che alla medesima parte offesa venisse attribuita la qualifica di costitutore di una banca dati, in conformità a precedenti pronunce di autorevole giurisprudenza di merito (1). Secondo il Tribunale del riesame l’estrazione dei dati contenuti nelle schede informative realizzate dalla parte offesa avrebbe inoltre compromesso l’efficienza dell’incarico pubblicitario alla stessa commissionato dall’Ente pubblico, riducendo il numero e la qualità degli accessi sul sito ufficiale, a fronte di un accesso non autorizzato e perciò suscettibile di arrecare un pregiudizio ingiustificato.

L’opinione della Corte di Cassazione
L’imputato contestava la qualificazione della parte offesa come costitutore di banche dati. Secondo l’impugnazione il sito della parte offesa costituirebbe unicamente una forma di pubblicità primaria ed obbligatoria, in base all’art. 490 c.p.c. In particolare, si rilevava che la parte offesa non sarebbe l’autore dei dati di natura pubblica pubblicati sul proprio sito, ma unicamente il soggetto incaricato alla pubblicazione di dati già presenti sul Portale del Ministero della Giustizia (ad esempio, dell’ordinanza del G.E., della relazione di stima e dell’avviso di vendita del professionista all’uopo delegato) e “comunque privo di qualunque diritto di esclusiva”. Da tale argomento, conseguirebbe il difetto di legittimazione ad invocare la tutela prevista dalla Legge sul diritto di autore.

Il requisito della creatività dell’opera secondo la Corte di Cassazione
La Suprema Corte di Cassazione ha ritenuto fondato il ricorso proposto dall’imputato del reato, affermando che gli archivi (elettronici e cartacei) non possono essere qualificati come opere dell’ingegno, qualora in essi non sia rintracciabile un sufficiente gradiente di creatività, da individuarsi nelle attività di selezione e/o di disposizione dei dati. Secondo la Corte esistono due diverse nozioni di creatività, “una oggettiva tendente a ritenere che sia creativa un’opera oggettivamente caratterizzata da elementi originali ed innovativi tali da distinguerla da qualsiasi altra opera preesistente, ed una soggettiva secondo la quale dovrebbe ritenersi creativa l’opera che presenti l’impronta personale del suo autore”. Per la Suprema Corte, in continuità con il proprio orientamento (2) e conformemente alla giurisprudenza sovranazionale (3), deve ritenersi preferibile la nozione soggettiva, poiché “l’oggetto della tutela non è necessariamente l’idea in sè, la quale può essere alla base di diverse opere dell’ingegno, bensì la forma particolare che assume a prescindere dalla sua novità e dal valore intrinseco del suo contenuto”. Sulla scorta di ciò, la Suprema Corte ha escluso che la banca dati della persona offesa fosse dotata di quel gradiente di creatività necessario a far assurgere la medesima alla qualifica di opera dell’ingegno, da momento che non vi era un’attività creativa rintracciabile nell’operazione di selezione e/o di disposizione dei dati.
Come già anticipato, le banche dati non creative possono accedere in sede civile alla tutela – definita dalla Corte stessa quale “binario parallelo di protezione” rispetto a quella tradizionale in materia di banca dati – prevista dagli artt. 102-bis e seguenti della L. n. 633 del 1941. La ratio della norma è quella di offrire una tutela al “costitutore”, ovvero al soggetto che abbia sostenuto costi non irrilevanti per la costituzione della banca dati, indipendentemente dalla tutelabilità di quest’ultima sotto il profilo del diritto d’autore. Nel caso in esame, la Corte ha precisato che “tale diritto è indipendente da quelli dell’eventuale diritto d’autore esistente sulla banca dati […] ed è totalmente svincolato dal carattere creativo o originale della stessa”.
Secondo la Corte, tuttavia, l’individuazione della parte offesa come costitutore di una banca dati, e perciò fruitore della tutela sui generis riconosciutagli dall’art. 102 bis, “non equivale in nessun modo a conferire al costitutore la tutela tipica della legge sul diritto di autore, comprensiva sia degli strumenti accordati in campo civilistico in relazione al diritto morale e a quello di utilizzazione economica, sia delle fattispecie criminose previste in campo penale dagli artt. 171 ss…”. A parere della Corte di Cassazione, quindi, la creatività costituirebbe un requisito indispensabile per il riconoscimento di una tutela penale a tutte le opere dell’ingegno e dunque non solo per le banche dati creative, ma anche per quelle non creative, con la conseguenza che il costitutore di una banca dati sui generis non potrebbe godere della tutela penale della legge sul diritto di autore.

Conclusioni
Dalla lettura adottata dalla Cassazione in merito al requisito della creatività in materia di banca dati, discende una netta separazione tra la tutela sui generis di cui fruisce il costitutore e la tutela tipica apprestata dal diritto d’autore alle banche dati creative. Pertanto, la protezione comprensiva delle fattispecie criminose di cui agli artt. 171 ss. della L. n. 633/1941 non è, secondo la Suprema Corte, suscettibile di essere applicata alle banche dati che difettino del requisito della creatività. Tale conclusione appare tuttavia in contrasto con la lettera dell’art. 171-bis della L. n. 633/1941. Infatti, tale disposizione disciplina in sede penale sia le violazioni del diritto d’autore (e dunque delle banche dati creative) sia le violazioni del diritto sui generis, come si ricava dalla semplice lettura dell’art. 171- bis, co. II. La norma, infatti, nel delimitare l’oggetto materiale del reato, opera un sostanziale rinvio in quanto punisce le condotte commesse tanto in violazione di quanto previsto dagli artt. 64-quinquies e 64-sexies, quanto le condotte commesse in violazione degli artt. 102-bis e 102-ter.

(1): In particolare, Trib. Roma, Sez. Specializzata in materia di Impresa, sent. n. 48121, 19 settembre 2013, in Foro Italiano 2014, 14, 11, 1, 3340, ove è stato ritenuto che: “Nel caso di specie dagli elementi acquisiti in atti deve ritenersi integrata la fattispecie costitutiva del diritto connesso ex art. 102 bis l.d.a., Ed invero la Società ricorrente, quale soggetto operante nel settore dei servizi pubblicitari per le aste giudiziarie, svolge un’attività complessa, articolata in più fasi di lavorazione rese necessarie anche dall’obbligo di rispettare i criteri e gli standards stabiliti da fonti normative di rango primario e secondario. […]. La complessità dell’attività sopra descritta richiede senz’altro la predisposizione di adeguati apparati strumentali e di personale qualificato e quindi presuppone rilevanti investimenti in termini di tempo, forza lavoro e risorse finanziarie”;
(2): Cfr. Cass. civ. sez. I, 11 agosto 2004 n. 15496 in banca dati online Pluris;
(3): Cfr. Corte di Giustizia UE, sentenza dell’1.3.2012, causa C-604/10 in AIDA 2012, 1464.

Valentina Cerrigone e Alessandro Bura