PA DIGITALE: IL CONSIGLIO DI STATO LEGITTIMA L’UTILIZZO DELL’ALGORITMO CONOSCIBILE E COMPRENSIBILE IN AMBITO AMMINISTRATIVO

28/01/2020

Con la sentenza n. 8474/2019, il Consiglio di Stato ha riconosciuto la legittimità delle procedure automatizzate amministrative e ne ha indicato i criteri e i limiti. Inoltre, vincolando la legittimità dell’utilizzo di algoritmi nell’ambito di procedure amministrative alla piena conoscibilità e trasparenza del procedimento automatizzato, la sentenza ha aperto un nuovo scenario nei rapporti tra PA e imprese titolari dei diritti di proprietà intellettuale sui software.

 

Il Consiglio di Stato è ritornato sulla questione della legittimità delle decisioni algoritmiche nella pubblica amministrazione con la sentenza n. 8474/2019 depositata lo scorso 13 dicembre 2019. L’organo di giustizia amministrativa ha confermato l’impostazione già assunta nella precedente sentenza n. 2270 di aprile 2019, ampliando il proprio iter argomentativo ed estendendo per la prima volta la legittimità dell’utilizzo di algoritmi anche all’attività discrezionale della Pubblica amministrazione, purché a determinate condizioni.

Il fatto
Il caso di specie riguardava l’adozione da parte del Ministero dell’Istruzione dell’Università e della Ricerca (MIUR) di un piano straordinario di assunzione (di cui alla L. n. 107/2015) demandato ad un algoritmo, per effetto del quale venivano calcolate le assegnazioni e i trasferimenti degli insegnanti considerati idonei.
L’esito della procedura nazionale di mobilità, attuata con ordinanza ministeriale n. 241/2016, veniva impugnato dai docenti immessi in ruolo nella c.d. fase C del piano straordinario suddetto. Nello specifico, i ricorrenti contestavano l’esito della procedura svolta sulla base di un algoritmo sconosciuto, per effetto del quale venivano disposti i trasferimenti senza tener conto delle preferenze espresse dagli insegnati. Tale procedura veniva in primo grado dichiarata illegittima dal TAR del Lazio, perché considerata in evidente contrasto con il principio di strumentalità del ricorso all’informatica nelle procedure amministrative.
La sentenza veniva impugnata dal MIUR davanti al Consiglio di Stato, che confermava la decisione del TAR sulla base di una diversa motivazione.

La decisione del Consiglio di Stato
Il Consiglio di Stato ha ribadito la legittimità dell’utilizzo di algoritmi e software nell’ambito del procedimento amministrativo e ne ha indicato in maniera dettagliata i limiti e i criteri.
Le potenzialità della rivoluzione digitale – afferma il CDS – devono essere sfruttate per assicurare l’efficienza e l’economicità dell’azione amministrativa, anche alla luce del principio costituzionale di buon andamento della pubblica amministrazione ex art. 97 della Costituzione. Tali esigenze devono, tuttavia, essere bilanciate con gli altri principi fondamentali del procedimento amministrativo, tra cui il principio di trasparenza.
Tra gli elementi di garanzia per il legittimo utilizzo dell’algoritmo in ambito amministrativo, il Consiglio di Stato enuncia anche:
a) la piena conoscibilità dell’algoritmo utilizzato e dei criteri applicati;
b) l’imputabilità della decisione all’organo della PA titolare del potere, il quale deve svolgere la necessaria verifica di logicità e legittimità della scelta e degli esiti demandati all’algoritmo.
La sentenza estende, dunque, la responsabilità della PA alla verifica della corrispondenza dall’algoritmo alla regola giuridica sottostante e del metodo utilizzato. Al fine di poter verificare che i criteri, i presupposti e gli esiti del procedimento robotizzato siano conformi alle prescrizioni e alle finalità stabilite dalla legge, l’algoritmo deve essere conoscibile e comprensibile in tutti gli aspetti: dagli autori al procedimento usato per la sua elaborazione, al meccanismo di decisione comprensivo delle priorità assegnate nella procedura valutativa e decisionale e dei dati selezionati come rilevanti.
Nel contenzioso in esame – conclude il CDS – l’amministrazione si era limitata a postulare una coincidenza fra legalità e operazione algoritmica, che deve invece essere sempre dimostrata sul piano tecnico e in relazione al caso concreto, costituendo l’impossibilità di comprendere il funzionamento dell’algoritmo un vizio tale da inficiare la procedura.

Un nuovo scenario per i titolari dei diritti di proprietà intellettuale sui software
Dalla decisione in esame deriva che i rapporti tra fornitori di software e organi della PA dovranno ispirarsi a principi di trasparenza, senza che le imprese produttrici possano far valere alcuna riservatezza sull’algoritmo. Sul punto, la sentenza è chiara nell’affermare che: “non può assumere rilievo l’invocata riservatezza delle imprese produttrici dei meccanismi informatici utilizzati i quali, ponendo al servizio del potere autoritativo tali strumenti, all’evidenza ne accettano le relative conseguenze in termini di necessaria trasparenza”.
In continuità con tale scenario, si segnala che in un più recente caso (analogo a quello esaminato) il Consiglio di Stato ha, altresì, affermato che il titolare di segreti commerciali o tecnici assume la parte di controinteressato ex art. 22 comma 1 lett. c) L. 7 agosto 1990 n. 241, in quanto titolare di un interesse uguale e contrario a coloro che chiedono l’accesso all’algoritmo di calcolo al fine di verificarne la correttezza del funzionamento. La posizione di controinteresse è giustificata in quanto, nell’ipotesi descritta, il titolare dei diritti di proprietà industriale e intellettuale sul software subirebbe un pregiudizio nella propria sfera giuridica dall’accoglimento dell’istanza di accesso all’algoritmo (cfr Consiglio di Stato, sezione VI, sentenza 2 gennaio 2020 n. 30, in banca dati online De Jure).
Le citate sentenze aprono, dunque, scenari nuovi per le imprese titolari dei diritti di proprietà intellettuale sui software e pongono una serie di questioni sulle misure che potranno garantire la riservatezza dei segreti industriali nell’ambito delle procedure amministrative. Il fatto che l’algoritmo debba essere conoscibile e comprensibile non comporta, infatti, la perdita del diritto d’autore da parte del titolare. Più complesso è invece il tema del know-how, in cui l’aspetto da tutelare riguarda proprio la segretezza.

Camilla Macrì e Luigi Goglia