FACEBOOK NON È GRATIS: IL TAR DEL LAZIO AFFERMA IL VALORE NEGOZIALE DEI DATI PERSONALI DEGLI UTENTI DEL SOCIAL NETWORK

24/01/2020

Con sentenza del 10 gennaio 2020 n. 261, la Prima Sezione del Tar per il Lazio, ha parzialmente confermato la sanzione di dieci milioni di euro irrogata dall’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato a Facebook per avere adottato una pratica commerciale ritenuta scorretta, dimezzandola a cinque milioni di euro e riconoscendo il valore negoziale dei dati personali, il cui sfruttamento economico costituisce controprestazione del servizio offerto dal social network.

 

La vicenda
Il Tribunale amministrativo si è pronunciato sul ricorso presentato da Facebook Inc. con il quale veniva impugnato un provvedimento dell’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato che, nel dicembre 2018, aveva sanzionato in solido le società Facebook Ireland Ltd. e la sua controllante Facebook Inc. per violazione del Codice del Consumo, irrogando due multe da cinque milioni di euro ciascuna per le due condotte censurate.
Oggetto della decisione dell’AGCM due condotte ritenute, rispettivamente, ingannevoli e aggressive nei confronti dei consumatori.
La prima condotta censurata riguardava il celebre slogan “Iscriviti. È gratis e lo sarà sempre” presente all’interno della pagina di accesso e registrazione di Facebook, che enfatizzava la natura gratuita del servizio senza però informare adeguatamente gli utenti dell’attività di raccolta ed utilizzo, a fini commerciali, dei dati personali da loro forniti. Tale pratica veniva perciò ritenuta ingannevole, in quanto non in grado di permettere una scelta consapevole del consumatore, il quale non veniva edotto con sufficiente immediatezza e chiarezza delle finalità remunerative sottostanti la fornitura del servizio di social network.
La seconda condotta sanzionata dall’AGCM concerneva il meccanismo di trasmissione dei dati personali generati dagli utenti dalla piattaforma ad app e siti web terzi e viceversa. Secondo l’Autorità, Facebook attuava una pratica aggressiva di indebito condizionamento dei fruitori del servizio alla trasmissione dei propri dati da Facebook a siti web o app di terzi, e viceversa, per finalità commerciali, tramite l’applicazione di un meccanismo di preselezione del più ampio consenso alla condivisione di dati. Gli utenti, in tal modo, sarebbero inconsapevolmente influenzati al mantenimento della scelta pre-impostata da Facebook.

La decisione del TAR
Il TAR, affrontando preliminarmente la doglianza di Facebook sull’inapplicabilità dell’istituto della “parental liability” al caso di specie, respinge tale motivo di ricorso ritenendo legittima l’imputazione della controllante Facebook Inc. – in solido con la controllata Facebook Ireland Ltd. – per le pratiche commerciali scorrette messe in atto da quest’ultima, non fondando esclusivamente la responsabilità della controllante sul concetto di “parental liability”, bensì rilevando una sua omissione di vigilanza sulle condotte operate dalla società controllata e attestando la condivisione del beneficio degli effetti prodotti dalle pratiche commerciali scorrette.
Viene inoltre confermata la competenza del AGCM in materia di dati personali: sono respinte le difese di parte ricorrente che lamentava la carenza di potere dell’Antitrust per ingerenza in un campo di esclusiva competenza dell’Autorità Garante della Privacy, in virtù dell’asserita appartenenza delle condotte censurate alla materia del trattamento dei dati personali, con conseguente unica applicabilità del “Regolamento Privacy” in base al principio di specialità.
Il TAR, argomentando le ragioni fondanti la competenza dell’AGCM, ha l’occasione di affermare il potenziale valore negoziale dei dati personali, non più solamente espressione di un diritto fondamentale della personalità dell’individuo, ma parametro di indagine all’interno del rapporto commerciale tra consumatore e prestatore di servizi.
Emergendo perciò due differenti profili di valutazione dei dati personali, non sussiste incompatibilità tra le previsioni di tutela della privacy e quelle in materia di protezione del consumatore, che si pongono invece in termini di complementarietà, poiché riguardanti condotte differenti: le due discipline infatti, in relazione alle rispettive finalità di tutela, impongono differenti obblighi informativi, funzionali, da un lato, al corretto trattamento dei dati personali ai fini dell’utilizzo della piattaforma e, dall’altro, alla trasparenza dell’informazione circa il valore economico dei dati personali e le finalità lucrative perseguite attraverso il loro sfruttamento. Con tale specificazione, il TAR esclude anche il pericolo paventato da Facebook circa il rischio di un effetto plurisanzionatorio della medesima condotta.
Con riguardo alla seconda condotta presa in considerazione dall’AGCM, riguardante il meccanismo di trasmissione dei dati personali degli utenti a parti terze, il Tribunale amministrativo ha annullato la sanzione da 5 milioni di euro, ritenendo illegittimo il provvedimento dell’Autorità in ragione della mancata prova dell’esistenza di una condotta idonea a condizionare le scelte del consumatore.

La patrimonializzazione dei dati personali
La pronuncia del TAR riveste importanza notevole poiché, in maniera inedita, esplora la portata degli interessi economici dei consumatori con riguardo alla divulgazione e utilizzo dei propri dati personali.
Se storicamente, infatti, la tutela dei dati personali è stata elaborata in considerazione della loro qualità di espressione di un diritto fondamentale della personalità dell’individuo, con conseguente previsione di forme di protezione non rinunciabili, come ad esempio il diritto di revoca del consenso, il TAR analizza adesso i dati personali nella loro qualità di beni disponibili in senso negoziale, suscettibili di sfruttamento economico, potenziale oggetto di compravendita tra operatori economici e soggetti interessati: il contenuto dei dati personali forniti dal consumatore e la loro conseguente profilazione rappresenterebbero la puntuale controprestazione del consumatore alla fornitura del servizio.
La stima dei dati personali dal punto di vista patrimoniale impone di conseguenza agli operatori economici il rispetto degli obblighi di trasparenza, completezza e non ingannevolezza delle informazioni previsti dalla legislazione a tutela del consumatore. L’utente dovrà perciò essere reso edotto dello scambio di prestazioni sotteso all’adesione ad un contratto sinallagmatico, quale si rivela essere quello di fruizione del social network.

Alessia Asaro e Tankred Thiem