USO EFFETTIVO DEL MARCHIO COLLETTIVO: NUOVA IMPORTANTE PRONUNCIA DELLA CORTE DI GIUSTIZIA DELL’UNIONE EUROPEA

14/01/2020

Con la sentenza del 12 dicembre 2019, resa all’esito del giudizio C-143/19 (disponibile al link http://curia.europa.eu/juris/document/document.jsf?text=&docid=221511&pageIndex=0&doclang=IT&mode=lst&dir=&occ=first&part=1&cid=7995923), la Corte di Giustizia dell’Unione Europea (“CGUE”) ha chiarito che un marchio collettivo, riportato sugli imballaggi dei prodotti commercializzati dalle aziende affiliate all’associazione titolare del marchio, può essere considerato come “effettivamente utilizzato” sul territorio dell’Unione Europea anche con riferimento ai singoli prodotti contenuti nell’imballaggio, non riportanti il suddetto marchio collettivo.

 

L’antefatto.
In data 12 giugno 1996 la società tedesca DGP GmbH presentava avanti l’EUIPO domanda per la registrazione come marchio collettivo del segno figurativo “rappresentazione di un cerchio con due frecce”, per i prodotti delle classi 1-34 e i servizi delle classi 35, 39, 40 e 42 della Classificazione di Nizza. Secondo il regolamento d’uso allegato alla domanda di marchio secondo l’art. 67 Reg. UE n. 207/2009 (ora sostituito dall’art. 75 Reg. UE n. 1001/2017), il marchio in questione era ideato “al fine di consentire ai consumatori e ai commercianti di riconoscere gli imballaggi che fanno parte del sistema di riciclaggio della DGP e per i quali è stato istituito un contributo al finanziamento del sistema, nonché i prodotti confezionati in tal modo, e di distinguerli dagli altri imballaggi e prodotti”.

A seguito della registrazione del marchio, in data 2 novembre 2012 una società di diritto slovacco presentava domanda di decadenza parziale per non uso del marchio. Con decisione del 26 maggio 2015, la Commissione Ricorsi dell’EUIPO accoglieva la domanda e dichiarava decaduto il marchio collettivo con riferimento a tutti i prodotti per i quali era stato registrato, con la sola eccezione dei prodotti consistenti in imballaggi.

La decadenza veniva confermata dalla Commissione di Ricorso dell’EUIPO, prima, e dal Tribunale dell’Unione Europea, dopo. Quest’ultimo, in particolare, con sentenza del 12 settembre 2018 (T-253/17) affermava che nel caso di specie il titolare del marchio collettivo aveva provato l’uso effettivo del segno solo in relazione agli imballaggi dei prodotti, e non anche ai prodotti stessi. Aggiungeva che il marchio in questione avrebbe indicato solamente che gli imballaggi sui cui era impresso il segno avrebbero potuto essere raccolti e valorizzati secondo un determinato sistema di riciclaggio, ma questo non avrebbe garantito alcuna indicazione d’origine con riferimento ai singoli prodotti. Per tale ragione il marchio collettivo veniva dichiarato parzialmente decaduto. Il Tribunale concludeva dunque che la decisione dell’EUIPO con cui era stato dichiarato decaduto il marchio collettivo di DGP sarebbe stata immune da censure sul punto.

La decisione della Corte.
Con la sentenza in commento la CGUE, ribaltando le precedenti pronunce, ha annullato tanto la sentenza del Tribunale UE quanto la decisione della Commissione Ricorsi dell’EUIPO.

L’iter argomentativo della Corte parte dal presupposto che il principio di diritto secondo il quale un marchio dell’Unione Europea è oggetto di uso effettivo “quando viene utilizzato conformemente alla sua funzione essenziale, al fine di creare o di conservare uno sbocco per i prodotti e servizi per i quali è registrato”, si applica pacificamente anche ai marchi collettivi, la cui funzione essenziale – come noto, a differenza dei marchi individuali – è quella di distinguere i prodotti e i servizi dei soggetti affiliati all’associazione che ne è titolare da quelli di altre imprese.

Sulla base di tale premessa i giudici comunitari hanno censurato la sentenza del Tribunale UE nella parte in cui ha semplicemente dato atto che DGP non fosse riuscita a dimostrare che il marchio in questione mirasse a creare o conservare uno sbocco anche per i prodotti controversi (e non solo per gli imballaggi contenenti i prodotti), senza avere prima esaminato se il marchio fosse “effettivamente” utilizzato anche sul mercato dei prodotti o dei servizi interessati. Esame che, secondo la Corte, avrebbe dovuto essere realizzato valutando in particolare gli usi considerati giustificati, nel settore economico interessato, per conservare o creare quote di mercato per i prodotti o servizi contrassegnati dal marchio, la natura di tali prodotti e servizi, le caratteristiche del mercato di riferimento, l’ampiezza e la frequenza dell’uso del marchio.

Nel caso di specie, dunque, il Tribunale non avrebbe dovuto arrestare il proprio giudizio sulla circostanza (considerata pacifica) che il consumatore, guardando il marchio collettivo in questione, avrebbe compreso che il sistema della DGP avrebbe riguardato la raccolta locale e il recupero degli imballaggi dei prodotti e non anche la raccolta o il recupero dei prodotti in sé. Ma avrebbe dovuto spingersi oltre, indagando altresì se l’indicazione al consumatore, al momento dell’immissione in commercio dei prodotti, della messa a disposizione di un simile sistema di raccolta locale e riciclaggio dei rifiuti di imballaggio, avrebbe potuto essere idonea a creare o conservare quote di mercato anche per taluni specifici prodotti.

Ed infatti – conclude la Corte – la natura di buona parte dei prodotti associati al marchio collettivo in questione, consistenti in beni di consumo quotidiano idonei a generare quotidianamente rifiuti di imballaggio, non esclude affatto (ed anzi probabilmente conferma) che l’indicazione sul loro imballaggio dell’affiliazione ad un simile sistema di raccolta locale e di trattamento ecologico dei rifiuti di imballaggio possa ben influenzare le decisioni di acquisto dei consumatori e, conseguentemente, contribuire alla conservazione o alla creazione di quote di mercato relative ai prodotti. Il che è sufficiente a dimostrare l’uso effettivo del marchio collettivo, impeditivo della sua decadenza.

Giorgio Rapaccini e Alessandro Bura