LA RESPONSABILITÀ DEI GESTORI DELLE PIATTAFORME E-COMMERCE – LE CONCLUSIONI DELL’AVVOCATO GENERALE SUL CASO LOUBOUTIN – AMAZON

16/06/2022

Lo scorso 2 giugno 2022 l’Avvocato Generale Szpunar della Corte di Giustizia UE ha espresso le proprie conclusioni riguardo le cause riunite C-148/ 21 e C-184/21, relative al caso Louboutin/Amazon, esponendo le motivazioni secondo cui il gestore di una piattaforma e-commerce non debba essere ritenuto responsabile per le violazioni dei diritti dei titolari di marchi, compiute sulla propria piattaforma.

 

Entrambe le controversie sorgevano nel 2019, quando lo stilista francese Christian Louboutin invocava, nei confronti del colosso dell’e-commerce Amazon, una lesione dei propri diritti esclusivi vantati sul marchio n. 0874489 registrato nel Benelux, e sul marchio n. 8845539 dell’Unione europea. L’oggetto dei diritti di privativa riguarda la “semelle rouge”, ovvero quel particolare punto di rosso (N. Pantone 18-1663TP) applicato alla suola di calzature di lusso, che dai primi anni ‘90 contraddistingue e rende note in tutto il mondo le collezioni della maison calzaturiera parigina.

In entrambi i procedimenti promossi contro Amazon, Louboutin ha lamentato che tra i vari annunci presenti sulla piattaforma, vi fossero offerte in vendita numerose scarpe con la suola rossa, asserendo che il gestore avesse agito in violazione dei suoi diritti esclusivi, avendo pubblicizzato e commercializzato – senza il suo consenso – prodotti identici a quelli per cui è registrato il suo marchio.

Le corti nazionali adite – del Lussemburgo per la causa C-148/21, e del Belgio per la causa C-184/21 – hanno entrambe rimesso la questione alla Corte di Giustizia tramite rinvio pregiudiziale, allo scopo di chiedere al giudice comunitario di fare luce sulla questione della responsabilità dei gestori di piattaforme di vendita online.

Nello specifico, tramiti i suddetti rinvii, è stato richiesto alla Corte se fosse ipotizzabile imputare una responsabilità diretta in capo ai gestori di piattaforme di e-commerce, relativamente alla pubblicazione di annunci di vendita di prodotti contraffatti, pur se offerti da terzi. In più, nelle domande di rinvio, vi era altresì la richiesta di interpretare la nozione di “uso” del marchio disciplinata ai sensi dell’art. 9, paragrafo 2 del Regolamento europeo n. 2017/1001.

Nell’esporre le proprie conclusioni sul tema, l’AG Szpunar ha fatto espresso riferimento alla funzione ed all’attività compiuta da Amazon nel mondo dell’e-commerce, il quale opera come intermediario su un mercato “ibrido” offrendo ai consumatori prodotti sia propri che per conto di terzi, ed altresì servizi di spedizione e di stoccaggio. A tal proposito, l’AG Szpunar ha sostenuto che la presenza del logo di Amazon, in qualità di distributore negli annunci di vendita di terzi, non costituisca connessione con i prodotti offerti. Di conseguenza, anche le violazioni eventualmente commesse non sarebbero attribuibili al gestore della piattaforma, a condizione che nessun elemento induca l’utente normalmente informato a confondere la provenienza dell’annuncio, ed a percepire il marchio del prodotto come parte integrante della pubblicità offerta dal gestore.

In riferimento all’interpretazione dell’Art. 9 del Regolamento europeo, inoltre, l’AG ha ritenuto che l’attività di comunicazione commerciale, effettuata dall’intermediario digitale e gestore di piattaforme e-commerce, non sia configurabile tra le ipotesi di “uso” di un marchio, e che quindi non sia parimenti ravvisabile la responsabilità dello stesso per eventuali violazioni commesse sulla sua piattaforma.

Dunque, per tali ragioni l’AG ha espressamente concluso che Amazon “non può essere ritenuta direttamente responsabile per le violazioni dei diritti dei proprietari di marchi che avvengono sulla sua piattaforma a seguito di offerte commerciali di terzi”.

Seppur non vincolanti per la decisione che spetterà alla Corte, le conclusioni dell’Avvocato Generale rappresentano un rilevante spunto di riflessione in relazione ai criteri di attribuzione della responsabilità in capo ai gestori delle piattaforme e-commerce, soprattutto in vista – e nell’attesa – dell’entrata in vigore del Digital Service Act, e del Digital Markets Act.

Federica Schiavone