AGCOM: EMANATE LE LINEE-GUIDA RELATIVE AL REGOLAMENTO SULLA CLASSIFICAZIONE DELLE OPERE AUDIOVISIVE DESTINATE AL WEB E DEI VIDEOGIOCHI CON ENTRATA IN VIGORE DEGLI OBBLIGHI IL 18 OTTOBRE 2019

05/09/2019

Con la Delibera n. 359/19/CONS, pubblicata il 18 luglio 2019, l’ AGCOM (“Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni”) ha emanato le linee-guida relative alla classificazione delle opere audiovisive destinate al web e dei videogiochi, di cui al regolamento approvato con delibera 74/19/CONS (poi modificato, ancorché in minima parte, con la delibera 358/19/CONS). Le linee-guida chiariscono le modalità di attuazione della classificazione, cui dovrà essere riportata da tutte le opere audiovisive destinate al web ed i videogiochi ai fini della distribuzione sul territorio italiano. La finalità è quella di proteggere i minori da contenuti inappropriati, avvisando sui medesimi e indicando quali sono le soglie di età adeguate per la fruizione delle opere, al fine di orientare le famiglie ed il pubblico dei consumatori. Con la medesima delibera è stato inoltre istituito, presso l’AGCOM, un Osservatorio Permanente con funzioni di vigilanza e controllo del rispetto della nuova normativa, oltre che di impulso per l’eventuale aggiornamento della normativa.

 

Per quanto specificamente concerne i videogiochi, le linee-guida confermano l’equipollenza tra i sistemi di classificazione AGCOM ed il sistema classificazione europeo PEGI (“Pan-European Game Information”). Per conseguenza, i videogiochi già classificati secondo il sistema PEGI sono conformi alle disposizioni del regolamento senza alcun ulteriore onere.

Nel caso di videogiochi già in commercio e privi della classificazione PEGI, sarà necessario adottare quanto prima la classificazione PEGI (gli obblighi entrano in vigore a partire dal 18 ottobre 2019), ovvero la classificazione AGCOM. In mancanza si rischiano sanzioni pecuniarie che possono partire da 25.000 euro ed arrivare a 350.000 euro.

Gli obblighi ricadono ex lege in capo ai distributori, ossia i fornitori di servizi di media audiovisivi su altri mezzi e i fornitori di servizi di hosting, anche se è rimessa alla libertà contrattuale la determinazione dell’onere di classificazione fra questi soggetti e gli operatori dell’industria che eroghino le licenze d’uso dei videogiochi.

Nel caso si opti per la classificazione AGCOM, poiché AGCOM non svolge attività di ente certificatore, ma puramente di ente di vigilanza, è il soggetto tenuto all’obbligo della classificazione a dover effettuare le valutazioni del caso, sulla base del regolamento e delle linee-guida, decidendo quale classe di età vada applicata e quali eventualmente siano i descrittori del contenuto più appropriati (secondo la tabella di cui all’Allegato A.2 delle Linee Guida, che distingue fra linguaggio scurrile, discriminazione e incitamento all’odio, droghe, paura, gioco d’azzardo, sesso, violenza, acquisti nel videogioco). In base a tale valutazione andranno utilizzati gli appositi pittogrammi e descrittori, anche sul materiale marketing e sul packaging del prodotto se venduto online, con dimensioni non inferiori ai 25 pixel per 25 pixel.

Le linee-guida contribuiscono a chiarire uno scenario nuovo per gli operatori italiani, che implica alcune difficoltà interpretative ed applicative, ma lasciano aperte alcune importanti questioni, quali l’applicabilità del regolamento solo nei confronti dei distributori italiani (ovvero anche – ed in tal caso a quali condizioni – dei distributori esteri); l’aggiornamento dei materiali relativi ai videogiochi distribuiti prima dell’entrata in vigore regolamento (che talora presenta difficoltà tecniche, come quelle dovute all’immodificabilità di contenuti postati sui social); il trattamento di alcune ipotesi particolari, come lo streaming, i contenuti user-generated, etc. Si tratta di temi che potranno forse essere indirizzati e risolti nell’ambito dell’Osservatorio Permanente istituito con la delibera 359/19/CONS., che ha lo scopo precipuo di verificare l’attuazione della normativa e il suo eventuale completamento/aggiornamento.


AGCOM: EMANATE LE LINEE-GUIDA RELATIVE AL REGOLAMENTO SULLA CLASSIFICAZIONE DELLE OPERE AUDIOVISIVE DESTINATE AL WEB E DEI VIDEOGIOCHI CON ENTRATA IN VIGORE DEGLI OBBLIGHI IL 18 OTTOBRE 2019

05/09/2019

Con la Delibera n. 359/19/CONS, pubblicata il 18 luglio 2019, l’ AGCOM (“Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni”) ha emanato le linee-guida relative alla classificazione delle opere audiovisive destinate al web e dei videogiochi, di cui al regolamento approvato con delibera 74/19/CONS (poi modificato, ancorché in minima parte, con la delibera 358/19/CONS). Le linee-guida chiariscono le modalità di attuazione della classificazione, cui dovrà essere riportata da tutte le opere audiovisive destinate al web ed i videogiochi ai fini della distribuzione sul territorio italiano. La finalità è quella di proteggere i minori da contenuti inappropriati, avvisando sui medesimi e indicando quali sono le soglie di età adeguate per la fruizione delle opere, al fine di orientare le famiglie ed il pubblico dei consumatori. Con la medesima delibera è stato inoltre istituito, presso l’AGCOM, un Osservatorio Permanente con funzioni di vigilanza e controllo del rispetto della nuova normativa, oltre che di impulso per l’eventuale aggiornamento della normativa.

 

Per quanto specificamente concerne i videogiochi, le linee-guida confermano l’equipollenza tra i sistemi di classificazione AGCOM ed il sistema classificazione europeo PEGI (“Pan-European Game Information”). Per conseguenza, i videogiochi già classificati secondo il sistema PEGI sono conformi alle disposizioni del regolamento senza alcun ulteriore onere.

Nel caso di videogiochi già in commercio e privi della classificazione PEGI, sarà necessario adottare quanto prima la classificazione PEGI (gli obblighi entrano in vigore a partire dal 18 ottobre 2019), ovvero la classificazione AGCOM. In mancanza si rischiano sanzioni pecuniarie che possono partire da 25.000 euro ed arrivare a 350.000 euro.

Gli obblighi ricadono ex lege in capo ai distributori, ossia i fornitori di servizi di media audiovisivi su altri mezzi e i fornitori di servizi di hosting, anche se è rimessa alla libertà contrattuale la determinazione dell’onere di classificazione fra questi soggetti e gli operatori dell’industria che eroghino le licenze d’uso dei videogiochi.

Nel caso si opti per la classificazione AGCOM, poiché AGCOM non svolge attività di ente certificatore, ma puramente di ente di vigilanza, è il soggetto tenuto all’obbligo della classificazione a dover effettuare le valutazioni del caso, sulla base del regolamento e delle linee-guida, decidendo quale classe di età vada applicata e quali eventualmente siano i descrittori del contenuto più appropriati (secondo la tabella di cui all’Allegato A.2 delle Linee Guida, che distingue fra linguaggio scurrile, discriminazione e incitamento all’odio, droghe, paura, gioco d’azzardo, sesso, violenza, acquisti nel videogioco). In base a tale valutazione andranno utilizzati gli appositi pittogrammi e descrittori, anche sul materiale marketing e sul packaging del prodotto se venduto online, con dimensioni non inferiori ai 25 pixel per 25 pixel.

Le linee-guida contribuiscono a chiarire uno scenario nuovo per gli operatori italiani, che implica alcune difficoltà interpretative ed applicative, ma lasciano aperte alcune importanti questioni, quali l’applicabilità del regolamento solo nei confronti dei distributori italiani (ovvero anche – ed in tal caso a quali condizioni – dei distributori esteri); l’aggiornamento dei materiali relativi ai videogiochi distribuiti prima dell’entrata in vigore regolamento (che talora presenta difficoltà tecniche, come quelle dovute all’immodificabilità di contenuti postati sui social); il trattamento di alcune ipotesi particolari, come lo streaming, i contenuti user-generated, etc. Si tratta di temi che potranno forse essere indirizzati e risolti nell’ambito dell’Osservatorio Permanente istituito con la delibera 359/19/CONS., che ha lo scopo precipuo di verificare l’attuazione della normativa e il suo eventuale completamento/aggiornamento.


E-COMMERCE: IT IS NOT MANDATORY TO PROVIDE A TELEPHONE NUMBER FOR CUSTOMER SERVICE

22/07/2019

The Court of Justice of the European Union, by issuing the decision dated July 10, 2019, did not recognize the obligation – for Amazon EU, as for any other e-commerce platform – to make available to the consumer a telephone number before the conclusion of a contract.

 

The main subject of the decision in question is the e-commerce giant Amazon EU, which was brought before the German courts by the Federal Union of Power Communities and Consumer Associations (‘the Federal Union’). The Federal Union asked to ascertain Amazon’s failure – in this case, in relation to the website www.amazon.de – to comply with the legal obligation to provide consumers with effective means of contact with the online platform.

According to the German Federal Union, in particular, Amazon’s callback service did not comply with the information requirements laid down by law, since the consumer has to go through several steps to get in touch with an interlocutor of that company. The infringement therefore relates to the German law which requires the trader – before concluding a distance or off-premises contract – to provide his telephone number in any event.

The German Federal Court of Justice, before which the case was finally brought, asked the Court of Justice whether the Consumer Rights Directive (EU Directive 83/2011) precludes such national legislation and whether the trader is obliged to activate a telephone or fax line or a new e-mail address to enable consumers to contact him. The Federal Court also referred the matter to the EU Court of Justice to determine whether an e-commerce platform such as Amazon could use different means of communication, such as an instant messaging or telephone callback system.

In its judgment of 10 July 2019, the EU Court ruled that the Directive precludes such national legislation, since the Directive does not in any case oblige the trader to activate a telephone line, or fax line, or to create a new e-mail address to allow consumers to contact him. The directive requires that consumers be informed of such means of communication only if the trader has already made them available. At the same time, the Luxembourg courts found that the directive requires the trader to make available to the consumer a means of communication which guarantees direct and effective communication, in order to ensure a high level of consumer protection, consumer information and consumer security in transactions with traders.

The possibility for the consumer to contact the trader quickly and to communicate effectively with him is of fundamental importance for the protection and effective enforcement of the consumer’s rights and, in particular, the right of withdrawal. However, the Court noted that a fair balance must be struck between a high level of consumer protection and the competitiveness of undertakings, as set out in that directive, while respecting the freedom to conduct a business of the entrepreneur, as enshrined in the Charter of Fundamental Rights of the European Union.

Consequently, the Court held that it is a matter of national courts to assess whether the means of communication made available to the consumer are capable of safeguarding the consumer’s rights, since it is not in any event mandatory to provide a telephone number and the operator is able to prepare and use other means of communication, provided that they are effective.


E-COMMERCE: NON E’ OBBLIGATORIO FORNIRE UN NUMERO TELEFONICO PER L’ASSISTENZA CLIENTI

22/07/2019

La Corte di Giustizia dell’Unione Europea, con decisione del 10 luglio 2019, non ha ravvisato l’obbligo – per Amazon UE, come per qualsiasi altra piattaforma e-commerce – di mettere a disposizione del consumatore un numero telefonico prima della conclusione di un contratto.

 

Protagonista della decisione in commento è il colosso dell’e-commerce Amazon EU, citata in giudizio dinanzi ai giudici tedeschi da parte dell’Unione federale delle centrali e delle associazioni dei consumatori (in prosieguo “Unione Federale”). Quest’ultima ha chiesto di accertare il mancato rispetto da parte di Amazon – nel caso specifico, in relazione al sito www.amazon.de – dell’obbligo di legge consistente nel fornire al consumatore mezzi efficaci per entrare in contatto con la piattaforma online.

Secondo l’Unione Federale tedesca, in particolare, il servizio di richiamata di Amazon non avrebbe rispettato i requisiti d’informazione previsti dalla legge, dal momento che il consumatore deve effettuare numerosi passaggi per entrare in contatto con un interlocutore di tale società. La violazione si verifica quindi nei confronti della legge tedesca che impone all’operatore commerciale – prima di concludere un contratto a distanza o negoziato fuori dei locali commerciali – di fornire in ogni caso il proprio numero di telefono.

La Corte federale di giustizia tedesca, adita in ultima istanza, ha chiesto alla Corte di giustizia se la direttiva sui diritti dei consumatori (Direttiva UE 83/2011) osti a una siffatta normativa nazionale e se l’operatore commerciale sia obbligato ad attivare una linea telefonica, o di fax, o un nuovo indirizzo di posta elettronica per consentire ai consumatori di contattarlo. La Corte federale ha inoltre adito la Corte UE per sapere se una piattaforma di e-commerce come Amazon possa ricorrere a diversi mezzi di comunicazione, quali un sistema di messaggi istantaneo o di richiamata telefonica.

Con la sentenza del 10 luglio 2019, la Corte UE ha dichiarato che la direttiva osta a una siffatta normativa nazionale, poiché la direttiva non obbliga in ogni caso l’operatore commerciale ad attivare una linea telefonica, o di fax, o a creare un nuovo indirizzo di posta elettronica per consentire ai consumatori di contattarlo. La direttiva impone di dare indicazioni ai consumatori relativamente ai predetti mezzi di comunicazione soltanto nel caso in cui l’operatore commerciale già li abbia predisposti. Allo stesso tempo, i giudici di Lussemburgo hanno rilevato che la direttiva impone all’ operatore commerciale di mettere a disposizione del consumatore un mezzo di comunicazione che garantisca una comunicazione diretta ed efficace, al fine di assicurare un elevato livello di tutela dei consumatori, la loro informazione e la loro sicurezza nelle transazioni con gli operatori commerciali.

La possibilità per il consumatore di contattare l’operatore commerciale rapidamente e di comunicare efficacemente con quest’ultimo riveste un’importanza fondamentale per la salvaguardia e per l’effettiva attuazione dei diritti del consumatore e, in particolare, del diritto di recesso. Tuttavia, la Corte ha osservato che occorre garantire un giusto equilibrio tra un elevato livello di tutela dei consumatori e la competitività delle imprese, come enunciato dalla medesima direttiva, rispettando al contempo la libertà d’impresa dell’imprenditore, come sancita nella Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea.

Pertanto, la Corte ha ritenuto che spetti ai giudici nazionali valutare se i mezzi di comunicazione messi a disposizione del consumatore siano idonei a salvaguardare i diritti di quest’ultimo, non essendo in ogni caso obbligatorio fornire un numero telefonico e potendo l’operatore predisporre ed utilizzare altri mezzi di comunicazione, a condizione che questi siano efficaci.


THE EU GENERAL COURT CONFIRMS THE INVALIDITY OF THE TRADEMARK ‘NEYMAR’ REGISTERED BY A THIRD PARTY TO THE FAMOUS FOOTBALL PLAYER

20/06/2019

On May 14, 2019, the General Court of the European Union (Case T-795/17) dismissed the appeal brought by Mr. Carlos Moreira against the decision of EUIPO upholding the application for a declaration of invalidity of the trademark “Neymar”, brought by the football player Neymar Da Silva Santos Júnior (Neymar).

 

In 2013, Mr. Moreira registered the European word trademark ‘NEYMAR’ for clothing, footwear and headgear. A few years later, the well-known football player Neymar filed an application for invalidity of the trademark on the ground of bad faith, pursuant to Article 59(1)(B) of Regulation 2017/1001, which the Cancellation Division of EUIPO granted in 2016. That decision, challenged by Mr. Moreira, was further confirmed by the second Board of Appeal of EUIPO, which ruled on the appeal in 2017.

Mr. Moreira therefore brought an action before the General Court of the European Union for annulment of the EUIPO’s decision to appeal on several grounds. Although he was aware of the existence of the player at the time of the application for the trademark ‘NEYMAR’, Mr. Moreira claimed that he had not been aware of his international reputation, since the player in question had not yet arrived in Europe; in his view, purely phonetic reasons had led him to choose the sign ‘NEYMAR’.

According to the applicant, bad faith could only have been recognized in the registration of the trademark if the procedure had continued despite the opposition of the footballer, which was not the case here. Moreover, when the application was filed, the name NEYMAR was neither protected as a trademark nor used as such.

The grounds put forward by the applicant were not considered convincing by the EU General Court, which rejected the appeal on May 14, 2019 and upheld the decision of EUIPO declaring the trademark ‘NEYMAR’ invalid.

In first place, the evidence presented by Neymar in the proceedings before EUIPO shows that the Brazilian football player was known internationally by his given name, and that he was famous in Europe, for his performance with the Brazilian national team, several years before his transfer to FC Barcelona in 2013 and, in particular, before the date of filing of the trademark application.

Secondly, the applicant Mr. Moreira had a qualified knowledge of the world of football, having also filed, on the same day, a trademark application for the sign “IKER CASILLAS”, which is the name of another famous Spanish football player. Given the applicant’s knowledge of the world of football, and given the coincidence between the trade mark ‘Neymar’ and the name of the football player, it is impossible that Mr. Moreira was not aware of the existence of the football player at the time of filing the application for registration of the contested trademark.