PRIMI PASSI VERSO UNA RINNOVATA DIRETTIVA SUL COPYRIGHT, TRA TUTELA IN RETE E FAKE NEWS

13/09/2018

L’attesa seduta del Parlamento UE dello scorso mercoledì 12 settembre si è conclusa con l’approvazione di un primo testo della riformata Direttiva Copyright con cui l’UE intende disciplinare lo sfruttamento delle opere protette dal diritto d’autore on-line messe a disposizione degli utenti tramite alcune categorie di Internet Service Provider. Tra le disposizioni più controverse vi sono la protezione degli articoli giornalistici on-line condivisi tramite link (il caso dei c.d. snippet) e la comunicazione al pubblico di contenuti protetti dal diritto d’autore attraverso le piattaforme dedicate agli user-generated-contents (YouTube e simili). L’impatto (soprattutto politico) della Direttiva ha generato un intenso dibattito in rete anche attraverso la diffusione incontrollata di fake news.

 

Con voto del 12 settembre 2018, il Parlamento dell’Unione Europea ha approvato la riforma della Direttiva sul Copyright avviando le trattative tra gli Stati membri, il Consiglio e la Commissione dell’Unione Europea per la definizione del testo legislativo finale, che andrà votato a gennaio 2019. L’ultimo testo approvato dal Parlamento regolamenta situazioni differenti tra loro e che sono divenute molto controverse, soprattutto per l’opinione pubblica.

Da un lato (Articolo 11) si prevede il (nuovo) diritto connesso in favore degli editori di ottenere un “equo compenso” per l’utilizzo digitale dei propri articoli giornalistici da parte delle piattaforme degli ISP anche attraverso link accompagnati da un estratto dell’articolo stesso (c.d. snippet). Gli stessi editori saranno obbligati a riconoscere agli autori degli articoli (giornalisti) una quota dei proventi così percepiti. Tale misura è stata introdotta al fine di contrastare la “regressione del panorama mediatico a livello regionale” (considerando 31) nonché per “garantire la disponibilità di informazioni affidabili” (considerando 32). Proprio riguardo a tale previsione erano circolate numerose (fake) news che avrebbero affermato che sarebbe stata introdotta una vera e propria “Link-tax”, circostanza che, come abbiamo visto, viene esclusa dalla Direttiva. Da un lato infatti si prevede un “equo compenso” per gli editori (e non una vera propria tassa) dovuta dagli ISP (e non dagli utenti) e dall’altro tale previsione non si applica ai “semplici collegamenti ipertestuali accompagnati da singole parole” (Articolo 11). La Direttiva non sembra neppure incidere sulla “libertà di internet” (come tra l’altro affermato dalla nota enciclopedia on-line Wikipedia con una nota del 3 luglio 2018, link) ma intende effettivamente regolamentare i contenuti disponibili in rete, scoraggiando la diffusione di informazioni non affidabili.

Dall’altro lato, ISP – quali YouTube e simili – saranno ritenuti responsabili dei contenuti caricati dagli utenti sulla propria piattaforma di condivisione on-line (Articolo 13). La visibilità del contenuto protetto dal diritto d’autore attraverso la piattaforma on-line rappresenta infatti un atto di comunicazione al pubblico dell’opera protetta e, come tale, riservato all’autore. Da qui la Direttiva prevede la possibilità per tali ISP di concludere contratti di licenza con i titolari dei diritti sulle opere uploadate ovvero, in alternativa, di cooperare con il titolare del diritto per garantire che non siano disponibili sui loro servizi opere o altro materiale protetti non autorizzati. I confini di tale “cooperazione” non sono stati stabiliti e pertanto (facendo riferimento al testo proposto dalla Commissione UE poi emendato dal Parlamento) l’ISP potrebbe dotarsi strumenti tecnologici in grado di riconoscere preventivamente il caricamento di opere protette (i.e. content ID già in uso su YouTube) ovvero attendere semplicemente la segnalazione del titolare del diritto prima di rimuovere il contenuto stesso. Certo è che, in assenza di accordi di licenza e di cooperazione, l’ISP dovrà essere ritenuto concorrente nell’illecita riproduzione e diffusione di opere protette, in deroga al “safe harbour” previsto dalla Direttiva Ecommerce. È poi previso che l’utente che abbia caricato un contenuto asseritamente protetto possa ricorrere (attraverso modalità stabilite dall’ISP ovvero attraverso un organismo terzo ADR) contro la rimozione ingiustificata del contenuto (Articolo 13).

A tali misure non sono poi soggetti, tra l’altro, le micro e piccole imprese e gli ISP che agiscono a fini non commerciali quali enciclopedie on-line (Wikipedia) e i prestatori di servizi online in cui il contenuto è caricato con l’autorizzazione di tutti i titolari di diritti interessati, come i repertori didattici o scientifici (Articolo 2 e considerando 37bis).

A questo punto bisognerà attendere le prossime settimane per verificare se l’attuale testo approvato dal Parlamento diverrà definitivo ovvero verrà ulteriormente emendato a seguito delle ulteriori consultazioni. Il risultato rappresenta certamente un primo passo verso un tentativo di regolamentazione dei contenuti immessi in rete che necessiterà, come ovvio, di analisi “sul campo” per valutarne l’efficacia