VIOLAZIONE DEL DIRITTO D’AUTORE SULLA BANCA DATI E ILLECITO CONCORRENZIALE. IL TRIBUNALE DI MILANO ESAMINA L’APPLICAZIONE DI FACEBOOK “NEARBY”

09/12/2016

Il Tribunale di Milano, con sentenza non definitiva pubblicata in data 1° agosto 2016, ha accolto le domande dell’attrice Business Competence s.r.l., accertando la responsabilità in solido delle convenute Facebook s.r.l., Facebook Inc. e Facebook Ireland Ltd per violazione del diritto d’autore sulla banca dati elettronica rappresentata dall’applicazione “Faround” di titolarità dell’attrice, nonché per atti di concorrenza sleale ex art. 2598 n. 3 c.c. Il Tribunale ha inoltre disposto l’inibitoria – assistita da penale – con riferimento a ogni ulteriore utilizzo dell’applicazione concorrente “Nearby” di Facebook, e la pubblicazione del dispositivo della sentenza, rimettendo la causa in istruttoria per la quantificazione del danno.


 

Nel caso di specie Business Competence s.r.l., società attiva nel settore dei servizi marketing online, aveva elaborato nel 2012 un’applicazione per telefono mobile che selezionava e organizzava i dati presenti sui profili Facebook degli utenti e che consentiva di visualizzare gli esercizi commerciali più vicini, completi dei dati rilevanti e di eventuali offerte e recensioni, denominata “Faround”. L’applicazione veniva registrata nel Facebook App Center, contenente le applicazioni collaudate e approvate da Facebook, e poi inserita nell’App Store di Facebook. Circa due mesi dopo, tuttavia, Facebook annunciava il lancio di “Nearby”, applicazione concorrente a “Faround” e che di quest’ultima clonava la sostanza, secondo la prospettazione attorea, modificandone solo il layout grafico di visualizzazione.

Il Tribunale di Milano – rigettate le eccezioni di carenza di giurisdizione e di legittimazione passiva formulate dalle convenute – ha accertato la responsabilità di Facebook Inc., Facebook Ireland Ltd e Facebook Italia s.r.l. sia per violazione del diritto d’autore sulle banche dati sia per concorrenza sleale ex art. 2598, n. 3, c.c.

Il Collegio ha anzitutto qualificato “Faround” quale banca dati, implementata in forma di programma per elaboratore, avente carattere creativo – come confermato anche dalla CTU disposta nel corso del giudizio – e precisando che il criterio da applicare per la valutazione del gradiente minimo di creatività concerne unicamente la scelta o la disposizione del materiale.

I giudici hanno quindi ritenuto che “Nearby” di Facebook è una elaborazione del programma “Faround” di Business Competence, resa possibile dall’analisi dello stesso programma da parte delle convenute e nello specifico dalla consegna della copia eseguibile di “Faround” ai fini di collaudo. D’altra parte Facebook non avrebbe provato di aver elaborato in modo autonomo e indipendente la propria applicazione, né – nonostante la richiesta del giudice – ha mai prodotto il relativo codice sorgente, così impedendo l’analisi e il confronto dettagliati con l’applicazione concorrente.

Il Tribunale ha infine confermato la responsabilità delle convenute per violazione dell’art. 2598 n. 3 c.c., in quanto si sarebbero appropriate parassitariamente degli investimenti altrui per la creazione di un’opera di rilevante valore economico, peraltro abusando del rapporto di fiducia e affidamento generato dai contatti e dai rapporti instaurati con lo sviluppatore Business Competence e violando gli obblighi di buona fede, affidamento e correttezza.

A questo proposito, il Tribunale ha precisato che in alcun modo Facebook era autorizzata ad analizzare il programma “Faround” per sviluppare un’applicazione simile e destinata alla medesima utenza. E ciò in quanto l’art. 64ter l.a. consente operazioni di analisi unicamente nei limiti in cui siano finalizzate all’uso e alla destinazione tipica del programma, mentre vieta tali attività per scopi commerciali, a pena di nullità della relativa clausola contrattuale. Pertanto, le clausole inserite nel contratto tra le parti, e che consentivano a Facebook di “analizzare le applicazioni, i contenuti e i dati per qualsiasi scopo, anche commerciale”, devono ritenersi nulle.