INTELLIGENZA ARTIFICIALE E DIRITTO DELLA PROPRIETA’ INDUSTRIALE: CONCESSO IN AUSTRALIA IL PRIMO BREVETTO “INVENTATO” DA UNA MACCHINA

14/10/2021

Con un’innovativa decisione del 30 luglio 2021 (consultabile al link https://www.judgments.fedcourt.gov.au/judgments/Judgments/fca/single/2021/2021fca0879), la Corte Federale Australiana ha statuito – prima nel panorama mondiale – che un sistema di intelligenza artificiale può essere indicato quale inventore di un trovato oggetto di brevetto. Di conseguenza, il proprietario del sistema di AI può legittimamente essere indicato quale richiedente il brevetto e godere dei diritti esclusivi che derivano dalla sua registrazione.

 

Il caso

La controversia origina dalla domanda di brevetto depositata dal Dott. Stephen Thaler, sviluppatore e proprietario di un sistema di intelligenza artificiale denominato “DABUS”, in grado di generare idee modificando le interconnessioni tra diverse reti neurali, nonché di analizzare le conseguenze critiche di tali idee. Secondo quanto riferito dallo stesso Thaler, DABUS ha sviluppato in modo del tutto autonomo l’invenzione posta alla base della domanda di brevetto, relativa ad una serie eterogenea di prodotti e procedimenti riguardanti contenitori, dispositivi e metodi per attirare una maggiore attenzione utilizzando elementi frattali convessi e concavi.

La domanda di brevetto, depositata dal Dott. Thaler tra l’altro anche avanti l’Ufficio brevetti australiano, indicava quale inventore non una persona fisica bensì “DABUS”. Proprio per tale ragione, l’Ufficio rigettava la domanda, sul presupposto che la normativa applicabile non sarebbe compatibile con la possibilità di indicare quale inventore del trovato una persona non fisica. Avverso tale decisione, il Dott. Thaler promuoveva appello di fronte alla Corte Federale Australiana.

La decisione

Con la decisione in commento, la Corte Australiana, se da un lato ha confermato che il richiedente la registrazione di un brevetto deve necessariamente corrispondere con una persona fisica (o comunque dotata di personalità giuridica), dall’altro lato ha escluso la sussistenza di un valido fondamento giuridico per impedire ad un sistema di intelligenza artificiale di essere indicato quale inventore del brevetto.

Questo perché, in primo luogo, non esiste nel contesto normativo australiano una definizione di inventore che ricolleghi univocamente tale status ad una persona fisica: ad opinione della Corte, infatti, il termine “inventare” è stato storicamente utilizzato per descrivere azioni direttamente riconducibili all’uomo solo perché – storicamente – simili azioni non potevano (ancora) essere realizzate da macchine: “tuttavia, ora che i sistemi di intelligenza artificiale possono assolvere alle medesime funzioni, la parola [inventare] può anche riferirsi ad essi”.

In secondo luogo, prosegue la Corte, non è accoglibile l’argomento fatto proprio dall’Ufficio Brevetti australiano secondo cui un sistema di AI non potrebbe essere identificato quale inventore perché – trattandosi appunto di un sistema di intelligenza artificiale – non potrebbe essere considerato quale proprietario di un titolo da traferire in capo al richiedente-persona fisica (nella specie il Dott. Thaler). Sul punto i giudici australiani rilevano che l’art. 15(1)(c) del Patents Act del 1990, nel disporre che “un brevetto per invenzione può essere concesso esclusivamente ad una persona che […] abbia ottenuto il titolo dall’inventore ovvero da una persona indicata alla lettera (b)”, quando parla di “ottenimento del titolo dall’inventore”, non richiede necessariamente un atto di trasferimento (“assignment”) del titolo da parte dell’inventore/sistema AI in favore del richiedente/persona fisica, dal momento che il richiedente, nella sua qualità di proprietario del sistema di AI, sarebbe proprietario di tutte le invenzioni create da tale sistema nel momento stesso in cui tali invenzioni entrano in suo possesso.

A conclusione del proprio ragionamento la Corte precisa, infine, che l’estensione della definizione di inventore sino al punto di abbracciare anche un sistema AI non solo non sarebbe contraria alla legislazione applicabile, ma si porrebbe in linea con l’obiettivo dichiarato dall’art. 2A del Patents Act di promuovere l’innovazione tecnologica e la sua diffusione: diversamente operando, infatti, si produrrebbe un disincentivo agli investimenti e si costringerebbero i proprietari di sistemi AI a tentare di proteggere le rispettive invenzioni brevettabili come segreti commerciali.

Conclusioni

La decisione australiana, ad ora non definitiva in quanto suscettibile di impugnazione, potrebbe segnare un punto di svolta nel panorama mondiale con riferimento al tema, sempre più discusso e attuale, del rapporto tra intelligenza artificiale e diritto industriale. Si tratta tuttavia, per il momento, di un caso pressoché isolato ed anzi a ben vedere contrastante con alcuni precedenti (da ultimo la decisione della Corte d’Appello inglese del 21 settembre 2021, consultabile al link https://iponline.cipc.co.za/Publications/PublishedJournals/E_Journal_July%202021%20Part%202.pdf) che, di fronte a situazioni analoghe, confermano che la qualità di inventore di un brevetto possa essere attribuita esclusivamente ad una persona fisica.

Giorgio Rapaccini