COMUNICAZIONE AL PUBBLICO E MISURE TECNICHE DI PROTEZIONE SUL WEB: L’OPINIONE DELL’AVVOCATO GENERALE E DIFFERENZE TRA INLINE LINKING E FRAMING

18/09/2020

In data 10 settembre sono state pubblicate le conclusioni dell’avvocato generale Szpunar nella causa C-392/19 (VG Bild-Kunst / Stiftung Preußischer Kulturbesitz) pendente dinanzi alla Corte di Giustizia dell’Unione Europea in cui si afferma che l’incorporazione, in una pagina Internet, di opere provenienti da altri siti Internet mediante il cosiddetto inline linking (collegamenti che riproducono contenuti senza un’azione dell’utente) richiede l’autorizzazione del titolare dei diritti su tali opere in quanto costituisce una “comunicazione al pubblico”. Al contrario, qualora si tratti di incorporazione mediante “framing” (ossia all’interno di un riquadro – più o meno – visibile nella pagina internet) di contenuti la cui visualizzazione richiede una previa azione dell’utente, non si tratta di una “comunicazione al pubblico” e ciò anche quando tale incorporazione elude misure di protezione contro il framing.

 

Fatti, procedimento e questione pregiudiziale
La causa, ora approdata dinanzi alla Corte di Giustizia, origina da una vicenda che vede coinvolte la fondazione tedesca Stiftung Preußischer Kulturbesitz (“SPK”), gestore della Deutsche Digitale Bibliothek (DDB), e la società di gestione collettiva dei diritti d’autore nel settore delle arti visive denominata “VG Bild‑Kunst”. Quest’ultima, per concedere in licenza l’utilizzo delle opere dei propri associati, intendeva imporre alla SPK l’obbligo contrattuale di introdurre misure tecnologiche di protezione avverso il “framing” di terze parti delle opere licenziate a carico della stessa SPK.
SPK instaurava dunque un procedimento giudiziale volto a far dichiarare che tale obbligo sarebbe stato irragionevole dal punto di vista del diritto d’autore e che VG Bild‑Kunst sarebbe stata tenuta a concedere la licenza in questione senza che questa fosse subordinata all’adozione di tali misure tecnologiche. Tale azione approdava dinanzi alla Corte Suprema tedesca la quale rinviava alla CGUE la questione se l’incorporazione, mediante “framing” di un’opera disponibile su un sito internet liberamente accessibile con il consenso del titolare del diritto su siti di terze parti costituisse una comunicazione al pubblico dell’opera, ai sensi dell’articolo 3, paragrafo 1, della direttiva 2001/29, in caso di aggiramento delle misure di protezione contro il “framing” che il titolare del diritto ha adottato o ha fatto adottare.

Collegamenti ipertestuali e comunicazione al pubblico
L’avvocato generale pone l’accento sulla questione se l’opera in parola appaia sul sito internet incorporante come “parte integrante” o se esista effettivamente un reindirizzamento ad un sito esterno. L’analisi condotta dall’avvocato generale è incentrata sul fatto se il l’utilizzo di un collegamento ipertestuale in generale, effettuato da un sito di terze parti ad un’opera altrui, costituisca (o meno) una comunicazione al pubblico ai sensi dell’articolo 3, paragrafo 1, della direttiva 2001/29, vale a dire se l’inserimento di tale link rientri nel diritto esclusivo del titolare dei diritti d’autore su detta opera. Sulla base di un’analisi critica della giurisprudenza della Corte, l’inserimento di link ipertestuali integrerebbe a tutti gli effetti un “atto di comunicazione” ma non necessariamente un “atto di comunicazione al pubblico”.
Occorrerebbe stabilire se si tratti di un pubblico al quale l’opera era già stata resa disponibile dall’titolare del diritto ovvero di un “pubblico nuovo”. In questo secondo caso il collegamento ipertestuale (qualora non autorizzato dal titolare) rappresenterebbe una violazione dei diritti esclusivi dell’autore soprattutto in casi in cui il collegamento ipertestuale consentisse di eludere le misure tecnologiche restrittive all’accesso dell’opera (cfr. causa C‑466/12, sentenza del 13 febbraio 2014, caso Svensson). Tale statuizione è stata confermata nella giurisprudenza successiva in caso di collegamenti attuati tramite “framing”, aggiungendo che lo scopo di lucro e la conoscenza (o conoscibilità) dell’elusione rappresentassero indici per determinarne l’illiceità dell’atto di comunicazione (cfr. causa C‑348/13, ordinanza del 21 ottobre 2014, caso BestWater e causa C‑160/15, sentenza dell’8 settembre 2016, caso GS Media).
A detta dell’avvocato generale dall’elaborazione della più recente giurisprudenza della Corte deriverebbe che nell’autorizzare la messa a disposizione del pubblico della sua opera su una pagina Internet, liberamente accessibile, il titolare dei diritti d’autore prende in considerazione tutto il pubblico che teoricamente può accedere a tale pagina Internet. È quindi incluso anche il pubblico che ne accede mediante collegamenti ipertestuali. Pertanto, tali link, pur costituendo atti di comunicazione, in quanto danno accesso diretto all’opera, sono coperti dall’autorizzazione del titolare dei diritti d’autore rilasciata al momento della prima messa a disposizione. Non ricorre in tale caso l’elemento del “pubblico nuovo”.

Inline linking e framing
Nel caso dell’inline linking, nella definizione dell’avvocato generale, l’opera è automaticamente incorporata nella pagina internet di terze parti, apparendo senza che l’utente debba cliccare sul link in questione, modificando potenzialmente il pubblico originariamente previsto dal titolare dell’opera originaria messa a disposizione del pubblico. Mentre nel framing tale automatismo potrebbe non esserci e comunque l’utente (forse quello più esperto) avrebbe in ogni caso conoscenza di essere reindirizzato in un diverso sito da quello originariamente ricercato. L’avvocato generale ribadisce nella sua motivazione che la differenza tecnica tra inline linking e framing non è comunque sufficientemente chiara da poter fungere come criterio: importanza assume, invece, la questione se, per visualizzare un contenuto, sia necessaria un’azione dell’utente o meno.

Visualizzazione automatica e l’azione dell’utente
Riportando la diversità tra automatismo, da un lato, e l’azione dell’utente dall’altro nella terminologia tradizionale della Corte che distingue tra “pubblico nuovo” e pubblico al quale il titolare dei diritti ha inteso di comunicare la sua opera, l’avvocato generale conclude come segue: il pubblico che non si accorge o non si può accorgere di un collegamento esterno dovrebbe essere considerato come “pubblico nuovo”. Diversamente, nel caso di un’azione dell’utente, come può avvenire anche nel caso del framing, il pubblico sarebbe da ritenere come originariamente destinatario dell’atto di comunicazione autorizzato.

Le misure di protezione
Rimane da chiarire se l’uso del framing nell’ambito di un sito che richiede un’azione dell’utente per la visualizzazione dell’opera protetta, non debba, anch’esso, essere considerato “comunicazione al pubblico” qualora si eludano misure di protezione contro il framing. Si potrebbe argomentare che anche in tale caso si avrebbe un “pubblico nuovo” non tenuto in considerazione dal titolare dei diritti al momento della prima comunicazione. Tuttavia, rigettando tale approccio, l’avvocato generale sottolinea che tale circostanza introdurrebbe un principio pericoloso in quanto l’applicazione delle misure di protezione diventerebbe una condizione preliminare per la tutela giuridica conferita dal diritto d’autore.

Alessandro Bura