EUIPO: LA REGISTRAZIONE DEL MARCHIO “LANCIATORE DI FIORI” DI BANKSY È STATA DEPOSITATA IN MALAFEDE IN QUANTO IL TITOLARE INTENDEVA OTTENERE UN DIRITTO ESCLUSIVO PER “SCOPI DIVERSI DA QUELLI CHE RIENTRANO NELLE FUNZIONI DI UN MARCHIO“.

24/09/2020

La società Pest Control Office Limited di cui si dice che rappresenti il famoso ma ancora non identificato artista chiamato BANKSY ha depositato una domanda di registrazione per un marchio dell’UE, chiedendo la protezione per il “lanciatore di fiori”, l’opera più iconica dell’artista. È apparsa per la prima volta più di 15 anni fa come un graffito a Gerusalemme. La domanda di marchio è stata depositata nel febbraio 2014 e registrata nel settembre dello stesso anno. Graphic Colour Black Ltd., un produttore di cartoline postali che riprendono motivi di graffiti, ha presentato una domanda di dichiarazione di nullità. La divisione di annullamento dell’EUIPO ha dichiarato che il titolare aveva richiesto il marchio in malafede, in quanto lo scopo del deposito era “diverso da quelli che rientrano nella funzione di un marchio”.

 

La decisione dell’EUIPO è stata emessa nell’ambito di una procedura d’invalidità ai sensi dell’art. 59 del regolamento sul marchio dell’Unione Europea. La ricorrente, la società Graphic Colour Black Ltd, ha sostenuto che il titolare del marchio non aveva alcuna intenzione di utilizzarlo. Qualsiasi commercializzazione di prodotti, dopo la scadenza del periodo quinquennale, il cosiddetto grace period, avrebbe avuto l’unico scopo di eludere il requisito dell’uso effettivo. Il deposito sarebbe anche stato un tentativo di aggirare il limite di durata della protezione del diritto d’autore, offrendo il marchio una protezione potenzialmente eterna. Banksy, noto per la sua posizione critica verso il concetto di proprietà intellettuale, avrebbe incitato il pubblico a usare le sue opere e avrebbe rilasciato anche dichiarazioni pubbliche come la seguente “qualsiasi pubblicità in uno spazio pubblico che non ti dà la possibilità di scegliere se vederla o meno è tua. È vostra, potete prenderla, arrangiarla diversamente e riutilizzarla“.

Il titolare del marchio ha sostenuto che l’elemento della malafede non sarebbe stato provato e che l’artista non avrebbe mai autorizzato un uso commerciale dell’opera. Le dichiarazioni pubbliche di Banksy, comprese quelle che incitano a mancare di rispetto alla proprietà intellettuale altrui, non potrebbero essere di ostacolo per ottenere la protezione per un determinato segno, né potrebbero esse modificare in alcun modo la legge stessa. Inoltre, il diritto fondamentale della libertà di espressione richiederebbe che dichiarazioni pubbliche, anche quando critiche dei principi stabiliti a protezione della proprietà intellettuale, possano essere espresse senza doversi aspettare atti di ritorsione da parte di autorità pubbliche. Il regolamento sul marchio dell’Unione europea concede un periodo di grazia di cinque anni durante il quale il proprietario di un segno non avrebbe l’obbligo di decidere l’uso futuro del segno.

La divisione di annullamento dell’EUIPO ha osservato che non esiste una definizione del criterio della malafede. Sebbene l’aspetto rilevante nel tempo fosse il momento del deposito della domanda di marchio, anche gli aspetti precedenti e successivi potrebbero assumere rilevanza nella valutazione dell’intenzione del richiedente. L’EUIPO, dopo aver chiarito che gli scopi della società titolare del marchio non potrebbero essere separati da quelli dell’artista stesso, ha ritenuto che il deposito del marchio avrebbe potuto essere motivato dall’intenzione di aggirare eventuali problemi che l’artista avrebbe dovuto affrontare nell’esercitare eventuali diritti d’autore: l’anonimato dell’artista e la natura stessa delle opere di graffiti (che di solito non godono del consenso del titolare della rispettiva superficie). Inoltre, l’artista stesso aveva tollerato un uso diffuso, dichiarando apertamente che il diritto d’autore era “per i perdenti“.

La divisione di annullamento cita le considerazioni della Corte di giustizia nella decisione SKY vs Skykick (C-371/18): deve considerarsi malafede l’intenzione di pregiudicare, in modo non conforme alla correttezza professionale, gli interessi di terzi, o l’intenzione di ottenere, senza neppur mirare ad un terzo in particolare, un diritto esclusivo per scopi diversi da quelli rientranti nelle funzioni di un marchio. Tali elementi ricorrerebbero nel caso in esame: il tentativo di commercializzare prodotti in modo molto limitato ma comunque sufficiente per superare la soglia del requisito dell’uso effettivo mostrerebbe un atteggiamento incompatibile con le pratiche oneste.

La decisione si inserisce in un filone giurisprudenziale già sviluppato in precedenza che riguarda sia le opere ma anche più in generale la controversa figura dell’artista, giurisprudenza che anche alla luce dell’anonimato di Banksy, delle sue dichiarazioni e della natura stessa delle opere di graffiti, pone delle domande che toccano sia il diritto d’autore, sia il diritto dei marchi. La decisione non è definitiva e rimane da vedere come si articolerà in futuro il bilanciamento tra il sempre delicato tema dei limiti al cumulo dei vari diritti di proprietà industriale ed una definizione del criterio della “mala fede”.

Tankred Thiem