novità normativa

LA COMMISSIONE EUROPEA PRESENTA LA PROPOSTA DI REGOLAMENTO UE SULLA c.d.  “E-PRIVACY”.

28/03/2017

Lo scorso 10 gennaio 2017 la Commissione Europea ha trasmesso al Parlamento Europeo la proposta di regolamento in materia di protezione dei dati personali nelle comunicazioni elettroniche. Tale proposta, che si innesta nella più ampia “Strategia per il Mercato Unico Digitale” recentemente promossa dalle istituzioni UE al fine di accrescere la fiducia del cittadino nei servizi digitali e la sicurezza degli stessi, costituirà una lex specialis rispetto al Nuovo Regolamento UE n. 679/2016 in materia di privacy ed integrerà la disciplina normativa a protezione delle informazioni contenute nelle comunicazioni elettroniche ed aventi carattere di “dato personale”. Se approvata, la nuova disciplina abrogherà la Direttiva Europea 2002/58/CE relativa al trattamento dei dati personali e alla tutela della vita privata nel settore delle comunicazioni elettroniche.


 

Scopo del regolamento è adeguare l’attuale assetto normativo europeo all’evoluzione registrata nel settore delle comunicazioni elettroniche, in particolare a seguito dell’affermazione sul mercato di nuovi modelli di comunicazione e messaggistica c.d. “over the top”, quali Facebook, Whatsapp e Skype.

Tra le principali novità contenute nella proposta di regolamento si segnalano: i) la previsione di regole più stringenti per il trattamento, da parte del fornitore di comunicazioni elettroniche, dei dati oggetto delle stesse: il fornitore sarà infatti tenuto a cancellare o comunque anonimizzare tali dati dopo che il destinatario della comunicazione ne abbia ricevuto il contenuto (art. 7); ii) la semplificazione delle regole in materia di “cookies”: verrà infatti meno l’obbligo del consenso dell’utente per il salvataggio, tra l’altro, dei cookies necessari a misurare il numero di visitatori di un sito o che siano necessari a garantirne la funzionalità a beneficio dell’utente (es. memorizzazione degli articoli inseriti nel carrello di un sito e-commerce) (art. 8); iii) la previsione di maggiori garanzie per gli utenti dei c.d. servizi di comunicazione interpersonale basati su un numero (es. servizi di telefonia mobile): i fornitori di tali servizi saranno tenuti a mettere a disposizione dell’utente servizi che gli consentano il blocco generalizzato di chiamate in forma anonima o provenienti da specifiche numerazioni (artt. 12 e 14).

In base all’iter legislativo per l’approvazione delle normative europee, la proposta di regolamento, perché acquisti forza di legge e diventi direttamente applicabile in tutti gli Stati Membri, dovrà ora essere approvata dal Parlamento Europeo e dal Consiglio dell’Unione Europea. L’obiettivo è che il regolamento entri in vigore il 25 maggio 2018, insieme al Regolamento UE in materia di privacy.


LA TASSAZIONE AGEVOLATA PREVISTA DAL DECRETO PATENT BOX SI APPLICA ANCHE AGLI AGGIORNAMENTI SOFTWARE

14/03/2017

Con risoluzione n. 28/E l’Agenzia risponde positivamente al quesito proposto da una società attiva nel settore della produzione di programmi per elaboratori elettronici circa l’applicabilità del regime di tassazione agevolata stabilito dal Decreto Patent Box ai redditi derivanti da attività di concessione in uso del prodotto, qualora consistano in attività di implementazione, aggiornamento, personalizzazione e customizzazione del software, in considerazione dell’obbligatorietà, prevista dalla norma, di svolgere un’attività di ricerca e sviluppo.


 

L’articolo 1, commi da 37 a 45, della legge 23 dicembre 2014, n. 190 (c.d. “legge di stabilità 2015”) prevede un regime opzionale di tassazione agevolata (c.d. “Patent Box”) per i redditi derivanti dall’utilizzo di “software protetto da copyright, da brevetti industriali, da marchi d’impresa, da disegni e modelli, nonché da processi, formule e informazioni relativi ad esperienze acquisite nel campo industriale, commerciale o scientifico giuridicamente tutelabili”, con lo scopo di incentivare gli investimenti in attività di ricerca e sviluppo.

Tale regime opzionale è stato disciplinato con decreto del Ministro dello Sviluppo Economico, di concerto con il Ministero dello Sviluppo Economico e delle Finanze del 30 luglio 2015 (c.d. “Decreto Patent Box”).

Una società attiva nello sviluppo di software ha chiesto chiarimenti all’Agenzia delle Entrate in merito alla corretta individuazione delle attività che potrebbero considerarsi agevolabili; ed in particolare l’istante ha chiesto di conoscere se fosse corretto considerare assoggettabili alla tassazione agevolata le attività di licenza iniziale, canoni di assistenza/manutenzione, realizzazione delle c.d. modifiche del software applicativo dalla stessa sviluppato e registrato presso il Registro Pubblico Speciale Programmi per Elaboratore tenuto dalla SIAE.

L’Agenzia delle Entrate ha in primo luogo chiarito che, tra i beni immateriali che consentono alle imprese di accedere a tale regime opzionale di tassazione, vi è anche il software protetto da copyright – per tale intendendosi tutti i programmi per elaboratore in qualunque forma espressi purché originali quale risultato di creazione intellettuale dell’autore. In secondo luogo l’Agenzia ha confermato che l’attività di concessione in uso del diritto all’utilizzo dei beni immateriali è agevolabile; sul punto ha sottolineato, inoltre, che per potere godere del regime di tassazione agevolato la società, in osservanza del principio del c.d. “nexus approach”, deve svolgere attività di sviluppo, mantenimento ed accrescimento del software che si sostanzino in attività di implementazione, aggiornamento, personalizzazione e customizzazione del software. L’Agenzia ha infine specificato che le attività come la formazione del personale, il basic help desk di c.d. “secondo livello”, il supporto telefonico, il canone periodico per l’utilizzo di software applicativi in cloud, ecc. – che configurano una forma puramente strumentale all’utilizzo del software, estranea al perimetro della sua tutela – non costituiscono attività agevolabili in quanto non rappresentano un esercizio esclusivo di una prerogativa autoriale.

RISARCIMENTO DEL DANNO DA ILLECITO ANTITRUST: ENTRA IN VIGORE IL DECRETO LEGISLATIVO N. 3/2017

08/03/2017

In data 3 febbraio 2017 è entrato in vigore il decreto legislativo n. 3/2017 che, in attuazione della direttiva 2014/104/UE, disciplina le azioni per il risarcimento del danno a causa di una violazione del diritto della concorrenza da parte di un’impresa o di una associazione di imprese. Il decreto introduce rilevanti novità in materia di legittimazione ad agire, danno risarcibile, efficacia delle decisioni dell’AGCM e competenza territoriale.


 

Con il decreto n. 3/2017 è stata introdotta nel nostro ordinamento una nuova disciplina che regola, sia sotto il profilo sostanziale che sotto il profilo processuale, la tutela risarcitoria per le violazioni delle disposizioni in materia di diritto della concorrenza.

Con riferimento all’ambito applicativo, innanzitutto, il decreto disciplina “il diritto al risarcimento in favore di chiunque abbia subito un danno a causa di una violazione del diritto della concorrenza”, nel quale rientrano – per espressa disposizione legislativa (art. 2 del decreto) – gli articoli 101 e 102 del Trattato sul funzionamento dell’Unione Europea, gli articoli 2, 3 e 4 della Legge n. 287/1990 (in materia di intese e abuso di posizione dominante), ed ogni altra disposizione, nazionale o europea, volta a perseguire le stesse finalità di tali norme.

Potrà agire in giudizio qualunque persona, fisica o giuridica, o ente privo di personalità, che ha subito un danno derivante da una violazione del diritto della concorrenza. Sarà legittimato ad agire, più precisamente, sia l’acquirente diretto sia l’acquirente indiretto dell’autore della violazione. La normativa, quindi, dà applicazione al principio che prevede in materia un’ampia legittimazione ad agire, già riconosciuto dalla giurisprudenza comunitaria.

Per quanto riguarda il danno risarcibile, il decreto chiarisce in primo luogo che esso comprende il danno emergente, il lucro cessante e gli interessi, con esclusione dei c.d. danni punitivi, previsti negli ordinamenti anglosassoni. La normativa stabilisce inoltre che esso va determinato in base agli articoli 1223, 1226 e 1227 del codice civile. A questo proposito risultano degne di nota: i) la possibilità per il giudice di chiedere assistenza all’AGCM formulando specifiche richieste sugli orientamenti che riguardano la quantificazione del danno, nonché ii) la presunzione circa “l’esistenza del danno cagionato da una violazione del diritto alla concorrenza consistente in un cartello.

Particolarmente rilevante è inoltre la disciplina relativa all’ordine di esibizione, volta a superare l’asimmetria informativa che si pone quale principale ostacolo per ottenere il risarcimento da parte dei soggetti danneggiati da illeciti antitrust. Il giudice potrà infatti ordinare l’esibizione delle prove che riterrà rilevanti non solo alle parti e ai soggetti terzi – su istanza motivata di parte -, ma anche all’autorità garante della concorrenza (con riferimento alle prove contenute nel fascicolo di un procedimento). Tale ultima possibilità è prevista in via residuale, ovvero quando né le parti né i terzi sono ragionevolmente in grado di fornire la prova, e purché l’esibizione sia valutata come proporzionale.

Un’ulteriore novità fondamentale riguarda, poi, l’efficacia probatoria delle decisioni dell’autorità garante della concorrenza, già oggetto di discussione giurisprudenziale. Ai sensi dell’art. 7 del decreto, infatti, si deve considerare definitivamente accertata, nei confronti dell’autore, la violazione del diritto della concorrenza constatata da una decisione dell’AGCM divenuta definitiva. L’accertamento risulta vincolante per quanto riguarda la natura della violazione e la sua portata, ma risultano esclusi i profili relativi al nesso di causalità e all’esistenza del danno, che dovranno quindi essere provati dall’attore e accertati in giudizio.

I giudizi in questione, infine, già attribuiti alla competenza inderogabile delle Sezioni Specializzate in materia di impresa, saranno trattati esclusivamente dagli uffici giudiziari di Milano, Roma, e Napoli.

L’ITALIA RATIFICA L’ACCORDO SUL TRIBUNALE UNIFICATO DEI BREVETTI

22/02/2017

In data 10 febbraio 2017, con il deposito della ratifica dell’accordo sul Tribunale unificato dei brevetti (TUB), l’Italia è diventato il dodicesimo Stato Membro a ratificare l’accordo che introduce un nuovo sistema per i Brevetti Europei. Allo stato l’accordo è stato già ratificato da Austria, Belgio, Bulgaria, Danimarca, Francia, Lussemburgo, Paesi Bassi, Portogallo, Svezia e Finlandia. Affinché il Tribunale possa diventare operativo è necessario che l’accordo venga ratificato da tredici Stati, tra cui Francia, Germania e Regno Unito. Mentre la ratifica da parte della Francia è già avvenuta e quella della Germania sembra essere una mera formalità, più complesse sono le relazioni tra il Regno Unito e il nuovo Tribunale per l’effetto del voto sulla Brexit.


 

Con la legge n. 214 del 3 novembre 2016, che ha autorizzato il Presidente Mattarella alla ratifica dell’accordo, sono state introdotte anche nuove misure di carattere sostanziale nel nostro sistema brevettuale che riguardano il cuore della protezione brevettuale ed in particolare la protezione contro la cosiddetta “violazione indiretta”: il nuovo comma 2bis dell’art. 66 del d. lgs. n. 30/2005 conferisce ora espressamente al titolare del brevetto il diritto “di vietare ai terzi…di fornire o di offrire di fornire a soggetti diversi dagli aventi diritto all’utilizzazione dell’invenzione brevettata i mezzi relativi a un elemento indispensabile di tale invenzione e necessari per la sua attuazione nel territorio di uno Stato in cui la medesima sia protetta, qualora il terzo abbia conoscenza dell’idoneità e della destinazione di detti mezzi ad attuare l’invenzione o sia in grado di averla con l’ordinaria diligenza.”

Va quindi sottolineato che la violazione indiretta non richiede necessariamente la conoscenza positiva della destinazione ma è sufficiente che il terzo “sia in grado di averla con l’ordinaria diligenza.” Non sussistono gli estremi della violazione indiretta “quando i mezzi sono costituiti da prodotti che si trovano correntemente in commercio, a meno che il terzo non induca il soggetto a cui sono forniti a compiere” la violazione del brevetto (cosi come definita dalla norma in parola).

Si noti che la norma non opera alcuna distinzione tra brevetti nazionali e brevetti europei con l’effetto che i principi sopra descritti troveranno applicazione per entrambe le categorie e le modifiche della disciplina sostanziale saranno applicabili anche ai titoli nazionali.

Già nel mese di ottobre dell’anno scorso, il Ministro della Giustizia Andrea Orlando aveva individuato un palazzo in via San Barnaba 50 a Milano per la sede locale del Tribunale Unificato dei Brevetti. Con la ratifica dell’accordo ora avvenuta è stato fatto un ulteriore importante passo verso il nuovo sistema brevettuale.

PRIVACY – IL 1 OTTOBRE 2016 ENTRA IN VIGORE IL CODICE DI DEONTOLOGIA PER IL TRATTAMENTO DEI DATI PERSONALI EFFETTUATO A FINI DI INFORMAZIONE COMMERCIALE

06/09/2016

A partire dal 1 ottobre 2016, saranno applicabili le misure prescritte dal “Codice di deontologia e di buona condotta per il trattamento dei dati personali effettuato a fini di informazione commerciale”, promosso dal Garante della privacy e redatto in collaborazione con diverse associazioni di categoria interessate al settore (il Codice è consultabile per esteso al seguente link: http://www.garanteprivacy.it/web/guest/home/docweb/-/docweb-display/docweb/4298343).  

Il nuovo Codice è diretto alle società che forniscono informazioni sull’affidabilità commerciale di imprenditori e manager e ha l’obiettivo di regolamentare le attività di tali soggetti operando un bilanciamento tra la loro libertà di iniziativa economica e la sicurezza, la libertà individuale e la dignità dei soggetti i cui dati sono sottoposti a trattamento. Le informazioni raccolte e trattate da tali società sono infatti particolarmente delicate, in quanto attinenti alla situazione economica, patrimoniale e finanziaria di imprenditori. Ne consegue che il non corretto uso di banche dati e di strumenti di analisi così invasivi può arrecare seri danni alla dignità e alla riservatezza delle persone coinvolte.


 

Queste le regole più rilevanti fissate dal Garante nel nuovo Codice di Deontologia:

  • Ambito di applicazione: il nuovo Codice di Deontologia si applicherà esclusivamente alle informazioni commerciali che si riferiscono a persone fisiche. Il Codice, infatti, fa propria la definizione di “dato personale” prevista dall’art. 4 del D.lgs. n. 196/2003 (“Codice Privacy”), che parla di “qualunque informazione relativa a persona fisica, identificata o identificabile”. Ne consegue che le informazioni commerciali prive di riferimenti a persone fisiche sono liberamente utilizzabili (punto 3 del Preambolo);
  • Riferibilità dei dati: per realizzare un dossier di informazioni commerciali su un manager o un imprenditore possono essere utilizzati solo i dati personali di quest’ultimo o di persone fisiche o giuridiche che con esso hanno o hanno avuto legami economici e/o giuridici (tale legame si ha, ad es., quando l’interessato partecipa in una società attraverso il controllo diretto o indiretto di una percentuale di quote o azioni) ( 2, commi 3 e 4);
  • Dati utilizzabili e consenso: possono essere utilizzati esclusivamente i) i dati provenienti da fonti pubbliche, conoscibili da chiunque (e quindi le informazioni contenute nel registro delle imprese, all’interno di bilanci, atti immobiliari, atti pregiudizievoli, ecc.); ii) i dati estratti da fonti pubblicamente e generalmente accessibili da chiunque (quali testate giornalistiche, elenchi telefonici, siti web di enti pubblici o altre attività di vigilanza e controllo); iii) i dati personali che il soggetto interessato abbia liberamente deciso di comunicare al fornitore di informazioni commerciali ( 3, commi 1 e 2). Nei casi di cui ai punti i) e ii) i dati possono essere trattati senza il consenso degli interessati (art. 5);
  • Modalità di trattamento dei dati: nell’acquisire e registrare i dati personali, le società del settore sono tenute a: i) assicurare che l’informazione estratta sia esatta e pertinente rispetto al fine perseguito; ii) annotare la fonte di provenienza dei dati; iii) mantenere i dati aggiornati ( 3, comma 4);
  • Informativa: per il trattamento dei dati sopra indicati le società fornitrici di informazioni commerciali forniscono all’interessato un’informativa redatta secondo modalità semplificate (resa in forma non individuale) rispetto a quelle ordinarie previste dall’art. 13 Codice Privacy. In particolare, l’informativa dovrà essere resa all’interno di un portale creato appositamente dalle società fornitrici di informazioni commerciali, nel caso in cui queste abbiano un fatturato annuale superiore ad € 300.000,00; all’interno del sito web della singola società fornitrice di informazioni commerciali, qualora il fatturato annuale di questa sia inferiore alla somma sopra indicata ( 4);
  • Limiti temporali all’utilizzo e conservazione dei dati: i dati personali raccolti a fini di informazione commerciale possono essere conservati solo per il periodo di tempo in cui rimangono conoscibili e/o pubblicati nelle fonti pubbliche da cui provengono ( 8). Per le informazioni concernenti eventi negativi (quali fallimenti, procedure concorsuali, ipoteche, ecc.), l’art. 7, comma 4, introduce invece termini più rigorosi (ad es. le informazioni relative a procedure concorsuali non possono di regola essere utilizzate per un periodo superiore a 10 anni dalla data di apertura della procedura concorsuale);
  • Sicurezza: i fornitori di informazioni commerciali sono tenuti ad adottare misure idonee a garantire la sicurezza, l’integrità e la riservatezza delle informazioni commerciali raccolte e trattate ( 10);
  • Entrata in vigore: il nuovo Codice di Deontologia entrerà in vigore il 1 ottobre 2016. A partire da quella data, dunque, qualsiasi trattamento di dati personali per finalità di informazione commerciale non conforme al Codice sarà considerato illecito.