diritto d’autore

CORTE UE: LA VENDITA DI COMPUTER CON SOFTWARE PREINSTALLATO NON COSTITUISCE DI PER SE’ UNA PRATICA COMMERCIALE SLEALE

20/09/2016

La CGE, con la decisione relativa alla causa C-310/15 depositata il 7 settembre 2016, ha stabilito che la vendita di un pc con un sistema operativo preinstallato non è contraria alle norme di diligenza professionale e, soprattutto, non falsa il comportamento economico dei consumatori. Non costituisce una pratica commerciale ingannevole neppure la mancata indicazione del prezzo di ciascuno dei programmi preinstallati.


 

Con la richiamata decisione la Corte ha posto fine ad una vicenda iniziata nel 2008 in Francia, quando un consumatore acquistò un computer Sony già provvisto del sistema operativo Windows Vista: al momento del primo utilizzo, l’acquirente rifiutò di sottoscrivere il contratto di licenza del programma software chiedendo alla Sony il rimborso della quota corrispondente al costo del programma preinstallato. La Sony respinse la richiesta del cliente, proponendo invece di annullare la vendita rimborsandogli l’intero prezzo d’acquisto. La controversia giunse fino alla Corte di Cassazione Francese la quale rimise la questione ai giudici UE, al fine di ottenere chiarimenti in ordine alla direttiva 2005/29 sulle pratiche commerciali sleali delle imprese nei confronti dei consumatori nel mercato interno.

I giudici europei hanno sentenziato che la vendita di un computer provvisto di programmi informatici preinstallati non costituisce, di per sé, una pratica commerciale sleale, dal momento che un’offerta di questo tipo non è contraria alle norme di diligenza professionale e non falsa il comportamento economico dei consumatori. Nel caso di specie, precisa la Corte, emerge che “la vendita da parte di Sony di computer provvisti di programmi informatici preinstallati risponde, come rileva l’indagine di mercato connessa, alle aspettative di gran parte dei consumatori, i quali preferiscono l’acquisto di un computer provvisto di programmi preinstallati e di uso immediato all’acquisto separato del computer e dei programmi informatici”. I giudici del Corte di Giustizia hanno precisato che sarà in ogni caso compito del giudice nazionale valutare se il consumatore è stato correttamente informato, prima dell’acquisto, del fatto che il modello di computer è venduto con programmi informatici preinstallati. Nel caso esaminato, la Sony ha correttamente rispettato le norme di diligenza professionale avendo offerto la possibilità di recedere dalla vendita.

Per quanto riguarda la seconda questione, la Corte ha riconosciuto che la mancata indicazione del prezzo dei programmi preinstallati non è né tale da impedire al consumatore di prendere una decisione consapevole di natura commerciale né idonea ad indurlo a prendere una decisione di natura commerciale che non avrebbe altrimenti preso. Peraltro, siccome il prezzo di tali programmi non costituisce un’informazione rilevante che il venditore è tenuto a fornire all’acquirente, la mancata indicazione del prezzo di ciascuno dei programmi informatici preinstallati non può essere considerata una pratica commerciale ingannevole.


I PRIMI COMMENTI DOTTRINALI SULLA DECISIONE BETTY BOOP OTTENUTA DA LGV SONO FAVOREVOLI.

30/08/2016

Sul numero 3 del 2016 della Rivista di Diritti Industriale è apparso il primo commento dottrinale alla decisione storica del Tribunale di Bari del 22 febbraio 2016 (di cui si è già data notizia sul sito LGV – https://www.lgvavvocati.it/news/page/3 ). Il commento è favorevole alla posizione sostenuta da LGV in causa, e fatta sostanzialmente propria dal Tribunale, secondo cui va respinto il tentativo di eternare il monopolio sul personaggio di Betty Boop tramite il marchio, quando i diritti d’autore siano scaduti (Trib. Bari, 22 febbraio 2016, in Riv. Dir. Ind. 2016, 293 con nota di Bixio, Lunga vita a Betty Boop, l’ultra tutela del personaggio di fantasia).

 

 

bp

In una precedente news del nostro sito abbiamo parlato della storica decisione del Tribunale di Bari nel caso Betty Boop, in cui LGV ha rappresentato la società statunitense Avela, attiva nel settore dei poster e del merchandising di personaggi di fantasia, sostenendo la tesi che – caduto il personaggio di fantasia in pubblico dominio – un marchio avente ad oggetto il medesimo personaggio non poteva impedire l’utilizzazione del personaggio in altre rappresentazioni grafiche, non in funzione di marchio. La Rivista di Diritto Industriale ha recentemente pubblicato una nota a commento della citata sentenza del Tribunale di Bari, in cui si sostiene la correttezza della posizione in questione, affermandosi espressamente “è più che apprezzabile la linea tenuta dal Tribunale di Bari nel voler scongiurare il tentativo che sul noto personaggio di Betty Boop si instaurasse una reviviscenza di diritti più ampi e duraturi di quelli autoriali”. Il commento sottolinea peraltro – correttamente – come un tentativo di questo genere sia sempre più ricorrente, anche in termini di prolungamento della durata della tutela e/o estensione dell’oggetto del diritto. Emerge invece chiaramente dalla riflessione sulla decisione del Tribunale di Bari e sui precedenti giurisprudenziali in materia di personaggio di fantasia la necessità di evitare ogni uso strumentale degli istituti della proprietà industriale ed intellettuale (ed in questo caso del marchio), in un’ottica pro-concorrenziale che è propria delle esclusive del settore della proprietà industriale ed intellettuale stessa. Non va in fatti dimenticato che i monopoli in questione nascono e vivono in funzione dei loro effetti pro-concorrenziali e più in generale di creazione di valore per la società nel suo complesso: così che va certamente evitato (e considerato fuori sistema) ogni uso degli strumenti della proprietà industriale ed intellettuale che miri – extra legem – ad una indebita estensione della protezione, onde evitare che tale uso si trasformi in una difesa ultra-monopolistica a favore di soggetti che – già detentori di una posizione economicamente dominante  – possano perpetuare tale posizione solo in virtù degli investimenti economici che sono in grado di effettuare e senza invece dover svolgere alcuna attività effettivamente creativa o innovativa. Il sistema della proprietà intellettuale ed industriale, invece, non protegge mai l’investimento ex se, ma solo se finalizzato alla creazione di un valore (diversamente qualificato dall’ordinamento, ossia se creativo, originale, distintivo, etc.). In ciò risiede la forza e la funzione degli istituti di cui si è parlato, che vanno difese da parte degli operatori, per evitare una deriva degli istituti che potrebbe portare ad una loro delegittimazione e quindi – in ultima istanza – ad un effetto boomerang per tutti i titolari di diritti di questo genere.


SIMONA LAVAGNINI TRA GLI AUTORI DI “THE DIGITAL SINGLE MARKET COPYRIGHT. INTERNET AND COPYRIGHT LAW IN THE EUROPEAN PERSPECTIVE”

07/07/2016

È di recentissima pubblicazione l’ultimo volume monografico della Collana “Diritto e Policy dei Nuovi Media”, curato da Mario Franzosi, Oreste Pollicino e Gianluca Campus, che raccoglie gli atti del Convegno organizzato dalla Formazione Permanente Magistrati in collaborazione con AIPPI nel novembre 2015. Il volume approfondisce le problematiche relative alla circolazione di contenuti digitali nel territorio europeo, alla luce delle più recenti novità tecniche e legislative.


 

Simona Lavagnini ha contribuito redigendo il capitolo “The Directive 2014/26/EU on collecting societies and the user’s perspective”, che analizza in chiave critica i profili relativi al monopolio di cui godono, di fatto, gli enti per la gestione collettiva dei diritti d’autore (le c.d. “collecting societies”) nei singoli stati europei. Particolare attenzione è stata rivolta alla prospettiva dell’utente, costretto a negoziare con unico soggetto.

Simona Lavagnini ha quindi esplorato possibili soluzioni a livello europeo volte a garantire il giusto equilibrio tra le posizioni dei soggetti coinvolti, esaminando sia la tendenza ad estendere la portata applicativa della normativa in materia di concorrenza anche con riferimento a tali enti, sia l’opzione di applicare in capo agli stessi norme più stringenti volte ad imporre maggiore trasparenza a tutela degli utenti e dell’interesse pubblico.


SIMONA LAVAGNINI TRA GLI AUTORI DELLA VI EDIZIONE DEL COMMENTARIO BREVE ALLE LEGGI SU PROPRIETÀ INTELLETTUALE E CONCORRENZA EDITO DA WOLTER KLUWER-CEDAM

22/06/2016

È in corso di pubblicazione la sesta Edizione del Commentario breve alle leggi su Proprietà Intellettuale e Concorrenza, che rappresenta da anni un punto di riferimento per chi si occupa della materia.


 

Come nelle precedenti edizioni, il name partner  Simona Lavagnini ha contribuito al Commentario redigendo il commento ad alcune norme in materia di diritto d’autore, fra cui in particolare l’art. 16-bis relativo alla comunicazione al pubblico via satellite e ritrasmissione via cavo,  gli artt. 100, 101 e 102 relativi alla protezione del titolo, delle rubriche, dell’aspetto esterno dell’opera, degli articoli e di notizie, nonché gli artt. 102-quater e 102-quinquies in tema di misure tecnologiche di protezione e informazioni sul regime dei diritti.

Simona Lavagnini è inoltre autrice di una parte rilevante del commento alle norme in materia di banche di dati, tema su cui ha particolare esperienza, e si è quindi occupata dell’introduzione e del commento agli artt. 64-quinquies e 64-sexies in tema di tutela delle banche di dati qualificabili come opere dell’ingegno, nonché degli artt. 102-bis e 102-ter in materia di diritti del costitutore di una banca dati tutelata da diritto sui generis.


LE SEZIONI SPECIALIZZATE PER LE SOCIETÀ ESTERE NON SONO INCOSTITUZIONALI

12/04/2016
Le Sezioni Specializzate per le società estere non sono incostituzionali: LGV Avvocati assiste con successo una multinazionale del software in un procedimento di descrizione



L’Avv. Simona Lavagnini, partner dello Studio LGV Avvocati, ottiene una importante decisione nei confronti di una holding attiva nella produzione di imballaggi, la quale aveva sollevato l’eccezione di incostituzionalità – per violazione degli articoli 3 e 25 Cost. – della norma che ha stabilito la competenza inderogabile di alcune Sezioni Specializzate per le controversie che coinvolgono una società estera (art. 4, co. 1bis del d.lgs. 168/2003).
Il colosso internazionale dell’informatica aveva ottenuto ed eseguito nei confronti della holding un provvedimento di descrizione dei programmi per elaboratore di sua titolarità. Essendo stati rinvenuti numerosi software privi di licenza, la multinazionale aveva insistito per la conferma del provvedimento, ma la controparte aveva sollevato diverse eccezioni tra cui quella di incostituzionalità. Sosteneva in particolare che la norma in questione avrebbe attribuito un privilegio ingiustificato a favore delle società estere.
Con l’ordinanza del 2 febbraio 2016, Il Tribunale di Milano ha tuttavia rigettato l’eccezione e confermato il provvedimento di descrizione, riconoscendo per la prima volta alcuni importanti principi in materia di competenza delle Sezioni Specializzate. Innanzitutto, il Giudice ha affermato che una simile eccezione non sarebbe in realtà compatibile con il procedimento di descrizione, volto appunto ad acquisire la prova dell’illecito. Difatti il tempo necessario all’esperimento del giudizio di costituzionalità esporrebbe la prova al rischio di dispersione o alterazione. Non sussisterebbe in ogni caso alcuna disparità di trattamento tra società italiane ed estere, dato che la normativa è volta ad assicurare a queste ultime (già svantaggiate per non avere la propria sede in Italia) una maggiore celerità di giudizio davanti a Sezioni Specializzate di maggiore esperienza.