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SIMONA LAVAGNINI E LUIGI GOGLIA INTERVISTATI DA LEADERS LEAGUE

19/05/2017

Leggi l’intervista rilasciata dai soci fondatori di LGV al seguente link: 

www.leadersleague.com/en/news/simona-lavagnini-and-luigi-goglia-lgv-the-firm-insists-on-transforming-the-young-legal-professionals-into-full-rounded-attorneys

 

CAUSA C-527/15 Stichting Brein v Jack Frederick Wullems: LA CORTE DI GIUSTIZIA TORNA SULLA QUESTIONE DELLA COMUNICAZIONE AL PUBBLICO

10/05/2017

Secondo la Corte di Giustizia dell’Unione Europea la nozione di “comunicazione al pubblico” di cui all’articolo 3 della direttiva 2001/29 ricomprende la vendita di un lettore multimediale nel quale sono state preinstallate estensioni contenenti collegamenti ipertestuali a siti web liberamente accessibili al pubblico e sui quali sono state messe a disposizione del pubblico opere tutelate dal diritto d’autore senza l’autorizzazione dei titolari di tale diritto. Inoltre, atti di riproduzione temporanea, effettuati per il tramite del lettore multimediale, di un’opera protetta dal diritto d’autore e ottenuta in streaming senza l’autorizzazione del titolare del diritto, non possono ritenersi coperti dall’eccezione di cui all’articolo 5 della medesima direttiva.

 

Il Sig. Wullems vendeva online diversi modelli di un lettore multimediale denominato “filmspeler”. Su tale lettore, il Sig. Wullems aveva installato un software open source che consentiva di aprire file in un’interfaccia facile da utilizzare tramite strutture di menù, e vi aveva integrato, senza modificarle, estensioni (add-ons) disponibili su Internet, concepite da terzi, alcune delle quali rinviavano specificamente a siti web nei quali venivano messe a disposizione degli internauti opere protette senza l’autorizzazione dei titolari del diritto d’autore.

Stichting Brein, una fondazione olandese che tutela gli interessi dei titolari del diritto d’autore, dapprima intimava al Sig. Wullems di cessare la vendita del lettore multimediale e, successivamente, procedeva a citarlo in giudizio dinanzi al Tribunale di Midden-Nederland sostenendo che, attraverso la vendita del lettore multimediale “filmspeler”, il Sig. Wullems avrebbe effettuato una “comunicazione al pubblico” in violazione dell’articolo 3 della direttiva 2001/29. Il Sig. Wullems per contro sosteneva che lo streaming di opere tutelate dal diritto d’autore provenienti da una fonte illegittima rientrava nell’eccezione di cui all’articolo 5, paragrafo 1, della medesima direttiva.

A seguito di rinvio pregiudiziale da parte del Tribunale olandese, la Corte di Giustizia, dopo aver richiamato la propria giurisprudenza sulla nozione di comunicazione al pubblico, stabiliva innanzitutto che nel caso di specie non si poteva parlare di una mera fornitura di un’attrezzatura fisica (i.e. il lettore multimediale) atta a rendere possibile o ad effettuare una comunicazione. Il Sig. Wullems, infatti, procedeva con piena cognizione delle conseguenze della sua condotta alla pre-installazione, nel lettore multimediale “filmspeler” che lui stesso vendeva, di estensioni che consentivano agli acquirenti di accedere a opere tutelate pubblicate su siti di streaming senza l’autorizzazione del titolare del diritto d’autore e di visualizzare tali opere sulla loro televisione. Poiché siffatta operazione consentiva di accertare il collegamento diretto tra i siti web che diffondevano le opere contraffatte e gli acquirenti di detto lettore multimediale, senza la quale questi ultimi potrebbero soltanto con difficoltà beneficiare delle opere tutelate, una simile attività non coincideva con la mera fornitura di un’attrezzatura fisica, di cui al considerando 27 della direttiva 2001/29.

Ciò premesso, la Corte osservava che la condotta del Sig. Wullems costituiva una “comunicazione al pubblico” in quanto il lettore multimediale “filmspeler” era stato acquistato da un numero considerevole di persone e, invero, la comunicazione riguardava un numero indeterminato di potenziali acquirenti di tale lettore che disponevano di una connessione Internet, sicché si poteva nella specie parlare di comunicazione ad un “pubblico”. Inoltre, riteneva la Corte che tale comunicazione era stata effettuata nei confronti di un “nuovo” pubblico che non era stato preso in considerazione dai titolari del diritto d’autore al momento in cui avevano autorizzato la comunicazione iniziale. Peraltro, nel caso di specie era pacifico che la vendita del lettore multimediale “filmspeler era stata effettuata in piena cognizione della circostanza che le estensioni che contengono collegamenti ipertestuali preinstallati in detto lettore davano accesso a opere illegittimamente pubblicate su Internet. Anzi, nelle pubblicità relative a tale lettore multimediale si faceva specificamente presente che esso consentiva di guardare gratuitamente e con facilità, su uno schermo televisivo, materiale audiovisivo disponibile su Internet senza l’autorizzazione dei titolari del diritto d’autore.

Infine, la Corte di Giustizia ha statuito che atti di riproduzione temporanea, su un lettore multimediale come quello di cui al procedimento principale, di un’opera tutelata dal diritto d’autore, ottenuta via streaming su un sito web appartenente a un terzo che offre tale opera senza l’autorizzazione del titolare del diritto d’autore, non integravano i requisiti prescritti dalla direttiva 2001/29, di talché non era possibile qualificare la vendita del lettore multimediale come un “utilizzo legittimo” delle opere protette da parte del Sig. Wullems.


CONFERMATO L’ORDINE DI STAY DOWN NEI CONFRONTI DELL’ISP NEUTRALE CHE NON ABBIA RIMOSSO I CONTENUTI ILLECITI CARICATI DAI PROPRI UTENTI.

28/04/2017

Il Tribunale di Torino, con sentenza pubblicata il 7 aprile 2017, ha accolto, quasi in toto, le domande dell’attrice Delta TV Programs s.r.l., accertando la responsabilità degli ISPs Google Inc., Google Ireland Holdings e Youtube LLC per violazione dei diritti di proprietà intellettuale di Delta TV Programs s.r.l. ed in particolare dei diritti di sfruttamento economico vantati dalla stessa su alcune telenovelas caricate sul portale Youtube. Alle convenute è stato quindi ordinato di rimuovere e cancellare tali contenuti audiovisivi dal portale Youtube ed impedirne per il futuro l’ulteriore caricamento, condannando le stesse al pagamento in favore dell’attrice, a titolo di risarcimento danni, della totale somma di Euro 250.000,00.


 

Nel caso in oggetto Delta TV s.r.l., società operante nel settore dell’edizione, produzione, noleggio e distribuzione di programmi audiovisivi e televisivi, è titolare esclusiva dei diritti di sfruttamento economico, compreso il territorio Italiano, di alcune telenovelas di produzione sudamericana. La medesima società è altresì titolare dei diritti sulla versione italiana delle opere audiovisive in questione per aver provveduto al doppiaggio delle opere in lingua originale attraverso mezzi propri. Parte attrice veniva a conoscenza che un certo numero di episodi delle telenovelas predette venivano caricati, nella loro versione italiana, sui siti internet youtube.com e youtube.it per la diretta e gratuita fruizione ad opera di tutti gli utenti internet. Per tale ragione, Delta TV conveniva in giudizio Google e Youtube per vedere accertata la violazione dei suoi diritti d’autore sui programmi in parola.

Le convenute hanno in primo luogo lamentato la mancanza di prova della titolarità in capo all’attrice di tutti i diritti di sfruttamento sulle telenovelas in questione. I Giudici Torinesi hanno respinto tale eccezione preliminare, rilevando che l’attrice ha offerto evidenza documentale attestante la sussistenza di contratti di licenza aventi ad oggetto la concessione dello sfruttamento economico in relazione a quasi tutte le opere audiovisive in parola; in merito alle restanti opere, è stato in ogni caso affermato che poco rileverebbe la mancata prova, atteso che l’attrice agisce per la tutela dei propri diritti di sfruttamento economico della versione italiana delle menzionate telenovelas, la quale, a sua volta, costituisce opera derivata tutelabile autonomamente ai sensi dell’art. 4 della Legge sul diritto d’autore.

Nel merito, Youtube LLC è stato qualificato quale “hosting provider” con conseguente applicazione alla stessa delle norme di cui al D. Lgs. 70/2003, a sua volta attuativo della Direttiva comunitaria 2000/31/CE. Ciò che conferma l’insussistenza in capo a Youtube dell’obbligo di preventivo vaglio dell’effettiva titolarità dei diritti d’autore posseduti da parte dei singoli soggetti che caricano i video, con la sola ipotesi di responsabilità ipotizzabile nei casi in cui detta società venga informata dell’illiceità dei contenuti video caricati. E’ stato inoltre precisato che – affinché sorga l’obbligo di controllo a posteriori in capo al service provider – è necessaria la ricorrenza di una diffida /comunicazione specifica, contenente con esattezza l’URL relativo al caricamento ritenuto illecito.

Quanto al caso in esame, il dovere di controllo e rimozione è sorto in capo alle convenute solo con la notifica dell’atto di citazione contenente le esatte URL incriminate, e non con la generica diffida indirizzata dalla stessa attrice alle società convenute circa 9 mesi prima dell’introduzione del giudizio che non conteneva invece alcun riferimento alle URL contestate.

L’istruttoria tecnica svolta nel corso del processo ha confermato l’obbligo giuridico (e la possibilità da un punto di vista pratico) in capo ai gestori della piattaforma Youtube di attivarsi e di impedire nuovi caricamenti di video già oggetto di segnalazione e rimossi. Al riguardo, si è notato che i video in parola non sono stati rimossi ma solo oscurati ad opera delle convenute e ciò significa che essi erano comunque visibili dall’estero ovvero dallo stesso territorio italiano con accorgimenti di facile approntamento, simulando cioè una connessione dall’estero.

Il Tribunale di Torino ha dunque confermato le responsabilità delle convenute per violazione dell’art. 16 D.lgs n. 70/2003 a far data dall’avvenuta notifica dell’atto di citazione, condannandole al risarcimento dei danni in favore di Delta TV s.r.l.. E’ stato inoltre ordinato alle medesime convenute di cancellare e rimuovere i video contestati ai sensi dell’art. 156 Legge sul Diritto d’autore e di impedirne altresì l’ulteriore caricamento sulla piattaforma Youtube. Le ulteriori misure della penale e pubblicazione sono state invece ritenute sproporzionate nel caso in esame e, per tale ragione, rigettate.


L’ITALIA É LA NAZIONE EUROPEA PIÙ COLPITA DALLA CONTRAFFAZIONE, A DETTA DI UN RECENTE STUDIO DELL’OECD ./. EUIPO.

21/04/2017

Un recente studio pubblicato dall’OECD in collaborazione con l’EUIPO pubblica i dati sull’impatto economico e sociale del commercio di prodotti pirata e contraffatti nelle maggiori economie dei Paesi sviluppati. Le società italiane sono le più colpite tra quelle europee a causa delle attività illecite di pirateria e contraffazione.


 

L’Organizzazione per la Cooperazione Economica e lo Sviluppo (OECD) unitamente all’Ufficio dell’Unione Europea per la Proprietà Intellettuale hanno pubblicato un recente studio sull’impatto economico e sociale del commercio di prodotti contraffatti e pirata nell’ambito dell’Unione Europea. I dati analizzati dagli Uffici Europei mostrano chiaramente che l’Italia, subito dopo gli Stati Uniti d’America, è la nazione più colpita dal commercio di prodotti pirata e contraffatti.

Gli Uffici europei hanno analizzato le risultanze di oltre un milione di sequestri di prodotti pirata e contraffatti effettuati dagli uffici doganali di tutto il mondo nel periodo 2011/2013. Le principali banche dati che sono state attinte per la realizzazione del presente studio sono state quelle fornite dall’Organizzazione Mondiale delle Dogane (WCO), dal Direzione Generale per la Fiscalità e l’unione Doganale (DG TAXUD) e dal Dipartimento della Sicurezza Interna degli Stati Uniti d’America (DHS). Sono state inoltre condotte numerose interviste ad esperti nel commercio e nella protezione doganale.

Dallo studio emerge che nel 2013 le vendite dei prodotti contraffatti abbiamo superato il 2.5% delle vendite mondiali si prodotti per un equivalente di circa 461 miliardi di dollari. Per quanto riguarda l’Unione Europea, nel 2013 i prodotti pirati e contraffatti rappresentano oltre il 5% delle importazioni, pari a 85 miliardi di euro. Ne deriva che, sempre sulla base dei dati raccolti, l’impatto della contraffazione e della pirateria sull’economia dei Paesi sviluppati (come quella dell’Unione Europea), è doppio rispetto al resto del mondo. Una vasta gamma di prodotti è stata oggetto delle attività di contraffazione e pirateria. Dall’analisi dei dati effettuata emerge che qualsiasi prodotto al quale gli asset IP potrebbero conferire un valore aggiunto è divenuto un bersaglio della contraffazione. Tra i prodotti più attaccati vi sono i prodotti del lusso (come orologi, profumi e oggetti in pelle) oltre che i prodotti di consumo di massa (come i giocattoli, i prodotti farmaceutici, i cosmetici e gli alimentari).

La maggior parte dei brand sono vittima della contraffazione. Tuttavia il dato allarmante è rappresentato dal fatto che nell’Unione Europea le società italiane sono le più colpite dal fenomeno, subito dopo le società statunitensi a livello mondiale. Il dato prevedibile è invece rappresentato dal fatto che la Cina è il maggior esportatore di prodotti contraffatti verso l’Unione Europea. Non solo. I prodotti contraffatti in ingresso in Unione Europea seguono rotte sempre più diversificate e complesse, sfruttando stazioni di transito in cui non vi è possibilità per il titolare del diritto violato di intraprendere efficaci ed immediate azioni a tutela del diritto. Ciò da un lato è dovuto all’abilità dei contraffattori di camuffare l’originale punto di partenza della merce e dall’altro dal rimpacchettamento e dalla rietichettatura dei prodotti. Inoltre vi è da considerare che mentre i prodotti importati sono generalmente oggetto di ispezioni accurate da parte delle autorità doganali locali, le merci in transito fuoriescono dall’oggetto dell’ispezione e pertanto è meno probabile che vengano intercettate. Le stazioni predilette per le rotte della contraffazione mondiale sono rappresentate da Hong Kong, Cina ed Emirati Arabi Uniti.


INTERESSANTE DECISIONE DEL TAR LAZIO IN MATERIA DI PRATICHE COMMERCIALI SCORRETTE NEL SETTORE DEI SERVIZI TELEVISIVI.

11/04/2017

Con la recente decisione del 22 marzo 2017, il TAR Lazio, adito da Sky Italia per l’annullamento del provvedimento adottato dall’Autorità garante della concorrenza e del mercato (Agcm) nell’adunanza del 23 dicembre 2008, ha confermato la decisione assunta da suddetta Autorità, condannando Sky Italia ad una sanzione amministrativa di € 200.000,00 per aver posto in essere pratiche commerciali scorrette in occasione della conclusione a mezzo telefono di contratti.


 

Sulla base di segnalazioni inviate dai consumatori, nei primi mesi del 2008 l’Acgm apriva un procedimento istruttorio nei confronti di Sky Italia finalizzato ad accertare l’integrazione di una presunta pratica commerciale scorretta riguardante l’attivazione di servizi televisivi mediante la conclusione di contratti a distanza (in particolare, a mezzo telefono). Il provvedimento impugnato censurava la condotta della ricorrente sotto due profili, oggetto di distinta analisi: l’attivazione di servizi aggiuntivi non richiesti in modo consapevole da parte dell’intestatario dell’abbonamento, da una parte, e l’attivazione di abbonamenti, di servizi aggiuntivi e di servizi premium con caratteristiche difformi rispetto a quelle promesse, dall’altra.

Sotto il primo profilo, la decisione dell’Agcm è stata confermata dal T.A.R. Lazio che ha ritenuto sussistenti evidenze sufficienti a dimostrare che gli operatori del call center della ricorrente non fornivano agli utenti, cui veniva proposta la sottoscrizione di nuove offerte, informazioni idonee ed adeguate a permettere a questi di comprendere che il negozio si sarebbe perfezionato a seguito della prestazione del solo consenso telefonico, e non a seguito della sottoscrizione cartacea inviata successivamente al loro domicilio. Inoltre, è stato appurato che molto spesso l’attivazione delle offerte era subordinata alla prestazione del consenso da parte di soggetti diversi dal titolare dell’abbonamento (per esempio delegati coabitanti in possesso di informazioni relative alla posizione cliente) senza che poi venissero eseguiti opportuni controlli sulla disponibilità a sottoscrivere le promozioni da parte dell’effettivo titolare. La pratica commerciale in questione è stata quindi ritenuta, sotto questo primo aspetto, aggressiva e perciò vietata.

Sotto il secondo profilo, relativo all’attivazione di abbonamenti, di servizi aggiuntivi e di servizi premium con caratteristiche difformi rispetto a quelle promesse, la condotta di Sky Italia è stata qualificata come ingannevole, posto che le differenze riscontrate hanno riguardato principalmente il costo effettivo dell’offerta e segnatamente la mancata indicazione dei costi di attivazione e la chiara illustrazione di condizioni e limiti temporali previsti per fruire il servizio. In particolare il T.A.R. ha sottolineato come debba essere riconosciuta la sussistenza di una intrinseca debolezza del consumatore rispetto alla controparte dovuta alla distanza fisica simultanea delle parti contraenti, tale da rendere particolarmente pregnante l’onere di fornire con chiarezza ed esaustività le informazioni in ordine all’immediato acquisto del pacchetto e del contenuto dei servizi ivi offerti.